SONO GIORNI DI PASSIONE, quelli che sta vivendo Berlusconi, nel suo esilio dorato di Arcore. Cosa fare per cercare di difendere la sua “agibilità politica”? Dopo la lettera di Napolitano, i margini di manovra si sono, ulteriormente, ristretti. Il Cavaliere non sembra, infatti, orientato a chiedere la grazia, quasi un’ammissione di colpa, dal suo punto di vista, né a dimettersi da senatore, né propenso ad accettare il voto sulla decadenza da parlamentare. Ergo, l’ipotesi delle elezioni anticipate continua, minacciosamente, a incombere. Silvio si sente come un animale in gabbia, prigioniero senza vere colpe, nonostante la sentenza della Cassazione. Pensando a lui, mi sono tornati in mente i miei studi giovanili, quando leggevo i quattro dialoghi socratici di Platone: l’Eutìfone (con le accuse a Socrate di corrompere i giovani); l’Apologia (la difesa del Maestro al processo); Critone (l’amico lo incontra in carcere per convincerlo ad evadere, dopo la condanna a morte.

MA SOCRATE RIFIUTA seccamente perché il saggio deve, comunque, accettare il verdetto dei giudici); Fedone (gli ultimi giorni di vita del filosofo prima di bere la fatale cicuta). Non auguro, certo, a Berlusconi la fine del grande ateniese, ma credo che il Cavaliere dovrebbe comportarsi come Socrate, dando il buon esempio ai falchi del Pdl, che minacciano fuoco e fiamme. Anche se “l’esemplare condanna“ può apparire, per molti aspetti, discutibile, soprattutto a chi la subisce, Silvio farebbe bene ad accettarla, perché è inutile ricorrere a scorciatoie e salvacondotti “ad personam”.  La sua popolarità – facendo passare il messaggio che è vittima di un sopruso, ma che non si sottrae alla pena – andrebbe, certamente, alle stelle. E, stando un po’ defilato, continuerebbe a muovere ugualmente le leve del partito.  Ci guadagnerebbero lui e il Pdl, ma, soprattutto, ne trarrebbero vantaggio gli italiani, che, adesso, non possono proprio bersi la pozione amara di nuove elezioni politiche. Sarebbe, davvero, una iattura, con i primi segnali di ripresa che debbono essere acchiappati da un governo pienamente in sella. Una crisi, oggi? Peggio della cicuta.

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