La bicicletta di Matteo

NEPPURE OBAMA, prima di salire alla Casa Bianca, aveva portato a termine una campagna elettorale così a tappeto e vincente, come quella messa in piedi, negli ultimi mesi, da Renzi che ha surclassato gli avversari con un voto quasi plebiscitario. È stato davvero bravo, il nuovo segretario del Pd, a sottoporsi a un tour de […]

NEPPURE OBAMA, prima di salire alla Casa Bianca, aveva portato a termine una campagna elettorale così a tappeto e vincente, come quella messa in piedi, negli ultimi mesi, da Renzi che ha surclassato gli avversari con un voto quasi plebiscitario. È stato davvero bravo, il nuovo segretario del Pd, a sottoporsi a un tour de force massacrante che ha dato, oggi, i suoi frutti: il giovane Matteo – dopo avere tentato, senza successo, l’assalto alla diligenza di Bersani – è riuscito a mettere, finalmente, da parte la vecchia nomenclatura di Botteghe Oscure. Ad essere sinceri, la vittoria del futuro sindaco d’Italia, non mi sorprende più di tanto: già diversi anni fa, da presidente della Provincia di Firenze, la sua incredibile parlantina e la padronanza di sé erano qualcosa di travolgente.

SEMBRAVA, quasi, che prima di parlare, avesse imparato tutto a memoria: nella comunicazione è, in assoluto, il numero uno, forse, addirittura meglio di Berlusconi. Ora che ha raggiunto il suo primo obiettivo, suggellato da circa tre milioni di votanti, cominciano, però, i dolori. Dice un suo vecchio amico toscano: “Ha voluto la bicicletta! Adesso pedali!”. E dovrà pedalare parecchio, il nuovo uomo forte della sinistra, se vorrà mettere in pratica un decimo di quanto ha promesso in queste settimane. Davanti a lui – con gli sfidanti di ieri, Cuperlo e Civati, che gli faranno da portaborracce -, ci sono il Tourmalet, l’Aubisque e l’Izoard, tutte le cime del Tour de France messe assieme: l’attendono scalate impervie per cercare di realizzare l’impresa titanica di voltare l’Italia come un guanto.

E, A QUESTO PUNTO, le parole non bastano più, ci vogliono anche le gambe. E le azioni. Tanto per cominciare, conoscendo le sue ambizioni, ho l’impressione che la poltrona di segretario del Pd gli andrà stretta e riesce difficile credere che possa restare per più di un anno, da numero uno del partito, in parcheggio, con il rischio di perdere la forza propulsiva che l’ha portato sino a qui. Il ritorno alle urne, più sfuggente dopo la sentenza della Consulta, è complicato anche dal percorso della nuova legge elettorale, ormai inevitabile: quanto resisterà Matteo?

ANCHE SE IL GOVERNO Letta perde consensi (gli ultimi a bocciarlo sono stati gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi), perché i risultati portati a casa, dopo sette mesi d’attività, sono molto modesti, quasi tutti gli esperti sono, ormai, convinti che sopravviverà sino al 2015. Cosa farà Renzi, immerso nel brodo istituzionale? Si limiterà a scaldare i muscoli come certi pugili prima dell’incontro della vita che non arriva mai?

SONO DAVVERO tanti i punti interrogativi che gravano sul capo di Matteo, all’indomani del suo successo nelle primarie. In attesa degli sviluppi, non sarebbe male che il predestinato sindaco d’Italia facesse, intanto, un passo indietro e si dimettesse da sindaco di Firenze. La sua città merita un primo cittadino a tempo pieno: lui, adesso, non lo è più.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net