IL MINISTRO dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, insiste sulla necessità di tagliare la spesa pubblica, ma, intanto, se ne sta con le mani in mano: per dare il buon esempio, dovrebbe, invece, impegnarsi in prima persona in una campagna per l’abolizione delle Province. È inutile chiedere ulteriori sacrifici agli italiani quando, poi, non ci si impegna per abolire caste e castine che continuano a pesare sul bilancio dello Stato. La vicenda delle Province è, per certi versi, emblematica. Da anni tutti (a parole) non le vogliono, da anni tutti (a parole) sostengono che le loro competenze sono semplici doppioni di quelle attribuite a Regioni e Comuni, da anni tutti (a parole) ribadiscono che si tratta di un retaggio del passato, di un fardello d’epoca napoleonica, ma poi la situazione non cambia: le Province sono ancora lì immobili. Tra i primi a sollevare il problema è stato Ugo La Malfa, quando vennero create le Regioni; poi, a intervalli regolari, ci hanno provato in molti (ricordo Tommaso Padoa-Schioppa e Lamberto Dini), ma tutto è andato in fumo.

I DUE CASI più clamorosi si sono registrati nella precedente legislatura: prima un progetto di legge, firmato da quasi tutti i partiti (si oppose la Lega) che si è dissolto nel nulla; poi, il riassetto studiato dal ministro Patroni Griffi che si è arenato per le dimissioni del premier Monti. Il fatto è che, quando uno alza la voce, ecco che la lobby delle Province (l’Upi) s’arrocca a difesa dell’esistente, con la scusa che tali amministrazioni costano poco (neppure una ventina di miliardi l’anno a differenza delle Regioni che pesano una decina di volte in più sui conti dello Stato). È vero, stiamo parlando di meno del 3 per cento del Pil: bruscolini, quisquilie di fronte all’idrovora pubblica. Ma stiamo anche discutendo di enti che servono a ben poco: perché tenerseli? Sono trascorsi quarant’anni dai tempi delle prime crociate di La Malfa senior, ma nulla è mutato, secondo la vecchia regola dell’ “ammuina” degli ufficiali delle navi borboniche: tutto viene mosso, per poi non cambiare nulla perché i marinai tornano sempre al punto di partenza.
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