Italiani in Italia

«SONO STANCO di grufolare nel pantano in cui è ridotta la vita pubblica italiana dove non si può muovere un passo senza imbrattarsi di fango. Eppoi la mia parte credo di averla fatta. Per tenere o difendere le mie posizioni ho dovuto, in questi ultimi anni, fondare due giornali contro… Due battaglie, due sconfitte, di cui vado ugualmente fiero, ma che mi hanno lasciato addosso – nel morale, ed anche nel […]

«SONO STANCO di grufolare nel pantano in cui è ridotta la vita pubblica italiana dove non si può muovere un passo senza imbrattarsi di fango. Eppoi la mia parte credo di averla fatta. Per tenere o difendere le mie posizioni ho dovuto, in questi ultimi anni, fondare due giornali contro… Due battaglie, due sconfitte, di cui vado ugualmente fiero, ma che mi hanno lasciato addosso – nel morale, ed anche nel fisico – troppe cicatrici. Chiedo ai lettori di riconoscermi il diritto al congedo». Così scriveva Indro Montanelli, nell’ultimo numero della “Voce” prima della sua chiusura definitiva, il 12 aprile 1995, in un fondo d’addio intitolato: «Uno straniero in Italia». Sarà l’avanzare dell’età, che ci rende più riflessivi, saranno i tempi grami, che ci fanno vedere il futuro molto nero, saranno i tanti casi di corruzione che hanno reso il Paese ancora peggio di un pantano, quasi una cloaca, fatto sta che, ogni giorno che passa, avverto un crescente sconforto tra amici, colleghi e anche tra i lettori che scrivono al nostro giornale.

LA DOMANDA è un ritornello continuo: dove stiamo andando? In questo momento, non sembrano esserci, in effetti, veri punti di riferimento, anche perché la bussola della nave ammiraglia tricolore va un po’ a zig-zag e tutti viviamo alla giornata, in attesa di tempi migliori, se verranno. È vero, come qualcuno mi fa notare, che, a contribuire allo scetticismo generale, ci si mettono pure i mass-media che amplificano questa atmosfera plumbea, ma verremmo meno al nostro compito di testimoni se facessimo finta di nulla o fornissimo un’immagine deformata della realtà. Per quanto possiamo, cerchiamo disperatamente buone notizie da offrire ai lettori, ma facciamo sempre più fatica a trovarle: tutti si lamentano, tanti piangono, pochissimi ridono.

Ma a cosa serve piangerci addosso? Ecco, quindi, che sarebbe importante che, con il nuovo anno, la parte sana del Paese provasse a reagire: dobbiamo tutti impegnarci perché vogliamo tornare ad essere italiani in Italia. E, in fin dei conti, proprio il 2015 potrebbe essere davvero l’anno della svolta: se gli Stati Uniti, che hanno favorito la grande recessione cominciata nel 2008, stanno svoltando l’angolo, per quale dannato motivo l’Europa non è in grado di fare altrettanto? E l’Italia, in un quadro in possibile evoluzione, conta su un “atout” in più rispetto agli altri: la carta «Expo 2015». Sono convinto che la kermesse milanese potrà essere il «jolly» giusto per ridarci un po’ di carica e tornare a sperare.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net