In memoria di due amici

PERDERE due amici nel giro di un giorno. Mi è capitato l’altro ieri e debbo confessare che il dolore non è moltiplicato per due, ma per quattro: resti annichilito come certi pugili che subiscono un uno-due micidiale, crollano per terra e fanno fatica a rialzarsi. Al mattino arriva, in redazione, la notizia della scomparsa di Giulio Giuzzi, già vicedirettore del “Giorno” e […]

PERDERE due amici nel giro di un giorno. Mi è capitato l’altro ieri e debbo confessare che il dolore non è moltiplicato per due, ma per quattro: resti annichilito come certi pugili che subiscono un uno-due micidiale, crollano per terra e fanno fatica a rialzarsi. Al mattino arriva, in redazione, la notizia della scomparsa di Giulio Giuzzi, già vicedirettore del “Giorno” e compagno di tante battaglie giornalistiche. È stato un padre per tanti cronisti: ha insegnato la bellezza del mestiere a molti giovani che s’affacciavano in redazione con tanti buoni propositi, ma senza alcun “background”. Oggi si parla tanto di crisi dei giornali per colpa di un mondo dell’informazione in perenne trasformazione. Ma c’è anche un altro motivo: non ci sono più i maestri di una volta. È il caso di Giulio: era capace di fare riscrivere il “pezzo” ai suoi allievi anche due-tre volte spiegando loro le ingenuità e gli errori dell’articolo e insegnando i piccoli segreti di una professione che non ha uguali. Poche ore dopo la prima notizia, mi telefona un vecchio collega di Bologna per dirmi che se ne è andato Antonio Manzoli, da anni direttore scientifico dell’Istituto ortopedico Rizzoli del capoluogo emiliano. Con Giuzzi, il professore abruzzese aveva poco in comune: i due non si erano mai conosciuti, ma, per certi versi, erano, in realtà, davvero molto simili: entrambi credevano nell’impegno e nel futuro. Se ne sono andati troppo presto e il loro avvenire diventerà la lezione di vita che hanno riversato agli altri nei loro rispettivi campi d’attività. Sono anche diventato giornalista proprio grazie a Manzoli. Tanti anni fa mi ero, infatti, iscritto a Medicina, per seguire le orme di mio padre, e avevo cominciato a frequentare le lezioni di quel giovane professore di Anatomia. Sentendolo parlare e vedendolo operare, capii subito che non sarei diventato un buon medico e, all’indomani, decisi di iscrivermi a Scienze Politiche perché volevo diventare giornalista. È stata una delle scelte più belle della mia vita. E oggi mi rendo conto di dover molto ai due amici che se ne sono andati assieme, un giorno d’autunno. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net