MI SONO particolarmente piaciute le parole che Riccardo Muti ha dettato alle agenzie, poche ore dopo la morte di Claudio Abbado. Il direttore d’orchestra pugliese-ravennate ha definito il collega “grande testimone della vera, profonda cultura italiana ed europea nel mondo”.

SE, NEL PASSATO, tra i due grandi della musica italiana possono esserci anche state visioni divergenti, le parole dell’altro giorno sono la migliore conferma di una tradizione che ha fatto salire il Belpaese sul podio dell’arte nel mondo. Abbiamo tanti problemi, stiamo attraversando moltissime  difficoltà, ma davanti alla genialità artistica (e non solo) tutti si levano il cappello al nostro passaggio, come capitava a Henry Ford quando vedeva un’Alfa Romeo. Ecco perché “Il Giorno” suggerisce sommessamente al Presidente della Repubblica (che ieri ha visitato il feretro del maestro) di passare a Riccardo il testimone lasciato da Claudio.

IN PASSATO, avevamo sollecitato la nomina di entrambi a senatori a vita come simboli di un’Italia che tutti ci invidiano, ma tutto sta cambiando ed è probabile che del Senato, così come lo conosciamo oggi, resti ben poco. Questo non toglie che si trovi la formula giusta per creare un Olimpo dei grandi italiani, svincolato dalle battaglie quotidiane della politica, dagli equilibri ballerini di maggioranze risicate, da prebende antiquate e fuori dal tempo. Ora è il momento di Muti e di altri ambasciatori della grandezza dell’Italia, nel segno della continuità di una Cultura con la “c” maiuscola che non conosce crisi.

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