Premessa: non ho nulla di particolare contro i gay, anzi. Ne conosco tanti che ammiro per l’intelligenza, lo humour e il grande buonsenso. Guardo, però, con una certa preoccupazione alla crociata del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che seguendo l’esempio dei primi cittadini di Roma e Bologna, ha deciso di ignorare la disposizione del prefetto del capoluogo lombardo, Francesco Paolo Tronca, che, seguendo le direttive del Viminale, ha chiesto l’annullamento d’ufficio delle trascrizioni dei matrimoni gay celebrati all’estero. Non voglio entrare nel merito della questione delle unioni omosessuali, perché un argomento così importante e delicato non può certo esaurirsi nello spazio di un “Buongiorno”, anche se auspico che, alla fine, il Parlamento legiferi in proposito, ponendo fine a iniziative avventurose.
Credo, comunque, che non ci siano le condizioni per tornare all’Italia dei Comuni dove ogni municipalità faceva storia a sé: soprattutto in un periodo delicato come l’attuale, con il caos e la confusione che regnano sovrani, il rispetto dell’autorità centrale è prioritario, anche se, nell’esempio specifico, non ti trovi affatto d’accordo con le disposizioni emanate da Roma, in questo caso dal sempre più discusso e criticato ministro Alfano. Tutti dobbiamo uniformarci alle leggi in vigore, a cominciare, ovviamente, dai sindaci: non possiamo consentirci episodi di anarchia che minano la convivenza civile. Cosa dicevano gli antichi romani? “Dura lex, sed lex”. Insomma, le orecchie da mercante di Pisapia proprio non mi piacciono: mi sembra che per un amministratore conquistare facili consensi non valga il prezzo di farsi beffa delle leggi italiane.