Il ritorno di Muti

SOSTIENE Pereira a pranzo. Quattro chiacchiere con il sovrintendente alla Scala che, davanti ad un piatto di spaghetti, rilancia la proposta del pensatoio per il dopo-Expo. Ha già le idee chiare su come utilizzare l’area di Rho-Pero. E butta lì due progetti: uno, meno costoso, con la creazione di tanti container in cui immagazzinare il […]

SOSTIENE Pereira a pranzo. Quattro chiacchiere con il sovrintendente alla Scala che, davanti ad un piatto di spaghetti, rilancia la proposta del pensatoio per il dopo-Expo. Ha già le idee chiare su come utilizzare l’area di Rho-Pero. E butta lì due progetti: uno, meno costoso, con la creazione di tanti container in cui immagazzinare il materiale delle rappresentazioni scaligere già archiviate; l’altro, più ambizioso, che ipotizza di trasferire nel sito l’Accademia della Scala con annessi e connessi. Confessa che organizzare in estate, come già programmato da altri, uno spettacolo serale in contemporanea con l’Expo, è stato un mezzo flop, ma, al di là dei numeri, è convinto che è in corso un ritorno di interessi, anche economici,  per il Belpaese e per Milano in particolare. Nonostante i costi crescenti, conta, così, di infittire il calendario degli spettacoli in cantiere. Pereira, ultimo rampollo di una famiglia di melomani portoghesi che, nel Settecento, sbarcò a Vienna, è un po’ l’altra faccia della medaglia rispetto al suo amico Franco Tatò con cui ha lavorato all’Olivetti, in Germania.

SE KAISER FRANZ è un tedesco mancato, Alexander è, invece, un austriaco che più italiano non si può. Legge pure il nostro giornale che gli ricorda la sua gioventù: ricorda che, quando in estate trascorreva le vacanze a Grado, vedeva sempre passare gli strilloni: in spiaggia, urlavano “Il Giorno!”. Negli anni dell’Olivetti, si era messo a seguire corsi di bel canto a Francoforte. E il giorno in cui gli azionisti di Ivrea si riunivano per esaminare il trend della consociata tedesca, lui si esprimeva in un melodioso italiano del Settecento che faceva andare in brodo di giuggiole i severi uomini d’affari. In quegli anni, in Germania gli dissero, però,  che con il bel canto non aveva un grande futuro, ma come sovrintendente poteva nutrire più di una speranza. Sacrificò, così, un ottimo stipendio per dedicarsi alla musica: oggi ha raggiunto il suo sogno ed è al timone della Scala. Nel cassetto ha anche un altro bel progetto: riportare  Muti a Milano. Nel luglio del 2016 il maestro compirà 75 anni e, sempre a proposito del dopo-Expo, la Scala ospiterà una mostra sul grande Riccardo. Scommettiamo che, subito dopo, il nostro deciderà di tornare a salire sul podio ambrosiano? giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net