MIRACOLO a Milano. Una vita dopo Totò e Peppino De Filippo, un fatto prodigioso si è ripetuto, sotto la Galleria: si tratta del grandissimo successo dell’Expo che, prima di maggio, tutti davano per spacciata. Noi italiani siamo sempre pronti a denigrarci. E’ il caso della maxi-manifestazione: solo qualche mese fa, tutti avrebbero scommesso sul fallimento dell’Esposizione Universale come ci diceva anche qualcuno degli addetti ai lavori. Chi sosteneva che il traguardo dei venti milioni di visitatori sarebbe stato solo una pia illusione, chi recitava già il “requiem” nei confronti degli organizzatori. E l’avvio non era stato certo dei più promettenti con quel plumbeo primo maggio in cui poche decine di “no global” misero a ferro e a fuoco il centro della città. Ma già il giorno dopo, con la spontanea reazione dei cittadini milanesi, che avevano ripulito le vie e i muri imbrattati dopo il corteo, molti avevano compreso che, questa volta, non ci sarebbe stata un’altra grossa occasione sprecata. La kermesse lombarda è, anzi, diventata il passaporto della svolta economica dello Stivale. Si è, così, trasformata nel vero fiore all’occhiello del premier Renzi che sul sito Rho-Pero ha calato quasi tutti i suoi assi. Non è una semplice coincidenza il fatto che oggi il giovin Matteo insiste molto sulla candidatura a sindaco meneghino di Giuseppe Sala, il commissario dell’Expo artefice dell’exploit ambrosiano.

A QUESTO PUNTO, sarebbe, quindi, un grave errore adagiarsi sugli allori e non gettarsi con grande impegno sul “dopo”, anche perché c’è una congiuntura da consolidare nei prossimi anni. Se vogliamo che il miracolo sia completo, dovremo, quindi, gestire anche tutta la fase che si aprirà all’indomani del 31 ottobre: come sfruttare al meglio il successo mondiale della manifestazione? Cosa fare delle aree dismesse? Da mesi si stanno accavallando progetti su progetti: a parte il piano per creare un polo universitario, c’è, però, molta confusione ancora. È vero che il governo è entrato, con un suo rappresentante, nel consiglio di amministrazione di Arexpo che dovrà, appunto, gestire la fase successiva al triplice fischio di chiusura, ma non c’è ancora un quadro preciso e dettagliato. Ecco perché stiamo da tempo insistendo sulla necessità di varare, in tempi strettissimi, un vero pensatoio della città in grado di convogliare e di selezionare tutte le idee utili per consentire che il “Rinascimento Milano” duri anche dopo il 2015.