Il nuovo passa dal vecchio

FORSE per la prima volta dai tempi della regia Marina borbonica, la regola dell’”ammuina” – si muovono freneticamente e inutilmente gli schieramenti dei marinai disposti sulla nave per poi, tornare, sempre, al punto di partenza – è stata superata. Merito indubbio del segretario del Pd, Renzi, che, dalle parole, tantissime, sta passando ai fatti creando lo sconcerto nella vecchia […]

FORSE per la prima volta dai tempi della regia Marina borbonica, la regola dell’”ammuina” – si muovono freneticamente e inutilmente gli schieramenti dei marinai disposti sulla nave per poi, tornare, sempre, al punto di partenza – è stata superata. Merito indubbio del segretario del Pd, Renzi, che, dalle parole, tantissime, sta passando ai fatti creando lo sconcerto nella vecchia guardia, ancora legata a Botteghe Oscure. L’incontro di ieri del sindaco di Firenze con Berlusconi è, in un certo senso, storico, e, per la prima volta, la riforma elettorale comincia a diventare realtà. Paradossalmente, proprio perché Matteo ha forzato i tempi, il rischio di andare alle urne con ciò che resta del vecchio sistema elettorale, dopo la bocciatura della Corte costituzionale, non è ancora sfumato, ma, a questo punto, non ci sono alternative. Ed era tangibile la soddisfazione del giovane leader al termine dell’incontro, quando ha sottolineato più volte la profonda sintonia sulla riforma della legge elettorale e dell’articolo V della Costituzione e sul varo di un Senato delle autonomie. Una soddisfazione pienamente condivisa dal Cavaliere.

RENZI vuole dare uno scossone a una classe politica troppo ingessata, sia a destra che a sinistra, e, per fare il salto di qualità, bisogna munirsi dell’elmetto e andare in trincea. Era inutile attardarsi, insomma, in ulteriori tatticismi, occorreva prendere il toro per le corna e affondare la lama, costi quel che costi. Accettando la sfida con la nomenklatura del suo partito, il segretario rischia adesso di addossarsi morti e feriti, ma in questo caso, il bagno di sangue non può che essere salutare per tutti. Il summit con il Cavaliere diventa una specie di De Profundis delle larghe intese del governo, anche se Letta resterà in piedi per il tempo necessario all’approvazione della nuova legge elettorale. A rifletterci, la vittoria dei quarantenni, rappresentati proprio da Renzi, segna pure il successo di un quasi ottantenne come Berlusconi, da molti considerato politicamente già morto, che ha avuto la furbizia di cogliere al volo l’occasione che gli si è presentata per tornare ad essere protagonista della scena.

SULL’ALTRO FRONTE, il vertice elettorale di ieri si rivelerà un “boomerang” per altre punte di diamante della nuova generazione. È il caso di Angelino Alfano che, solo in novembre, aveva provocato la rottura con il Cavaliere per restare in sella con Letta: adesso rischia di trovarsi con un pugno di mosche. O tornerà, con il cappello in mano, da Silvio, o ha forti probabilità di restare distrutto dai nuovi equilibri.

Stessa musica anche per chi non è neppure entrato ufficialmente in scena. Mi riferisco a Giovanni Toti, il delfino designato dallo stesso Berlusconi, che è stato subito appiedato dal fuoco amico dei vecchi pescecani di Forza Italia. A maggior ragione lo sarà domani, considerando che il grande regista dell’incontro elettorale è stato proprio Denis Verdini, fiorentino come Renzi. Gli strani scherzi del destino.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net