Il giorno dei Mattei

È IL GIORNO delle primarie di Matteo Renzi. I riflettori sulle Botteghe Oscure sono, tutti, puntati sul sindaco di Firenze che dovrebbe vincere la propria battaglia all’interno del Pd e, magari, spiccare il volo verso Palazzo Chigi. In attesa degli eventi, i politologi, nelle ultime settimane, hanno spiegato le ragioni perché un rinnovamento della sinistra, […]

È IL GIORNO delle primarie di Matteo Renzi. I riflettori sulle Botteghe Oscure sono, tutti, puntati sul sindaco di Firenze che dovrebbe vincere la propria battaglia all’interno del Pd e, magari, spiccare il volo verso Palazzo Chigi. In attesa degli eventi, i politologi, nelle ultime settimane, hanno spiegato le ragioni perché un rinnovamento della sinistra, che faccia piazza pulita dei bersaniani e dei dalemiani, possa fare bene al Paese.

Quasi nessuno, in questi giorni, si è, invece, soffermato sulle primarie della Lega che non è più la Lega di una volta e ha meno peso specifico nello scacchiere italiano, ma rappresenta, comunque, una forza di rilievo, almeno al Nord. Non è un caso che il nuovo segretario del Carroccio debba sostituire Roberto Maroni che, molto opportunamente, ha deciso di lasciare la segreteria per concentrarsi nel ruolo di governatore della Lombardia, cioè della regione più ricca ed importante d’Italia.

SE NEL PD sono in corsa tre candidati (c’è anche il lombardo Pippo Civati), in due si sono contesi la guida del Carroccio. Da una parte, c’era Umberto Bossi, il grande nume tutelare, che, pur essendo piuttosto malandato in salute, era tornato in trincea perché voleva salvare il movimento padano. Dall’altra, Matteo Salvini, il giovane “numero uno” della Lega lombarda, che è, anche, l’erede designato di Bobo. Dalle parti dei “lumbard” si ripresentava, insomma, un duello analogo, tra “vecchio” e “nuovo”, a quello che sta andando in onda all’interno del Partito Democratico. La vera differenza sta nella caratura dello sfidante che rappresenta l’“ancièn régime”: all’interno del Pd, la vecchia guardia non è scesa in campo direttamente, mentre, nella Lega, Bossi si è messo in gioco in prima persona. In tal caso, l’affetto per il Sènatur poteva giocare un ruolo importante tra gli oltre 11 mila votanti.

MA LA POLITICA, soprattutto in un periodo così delicato, ha bisogno di concretezza e deve guardare avanti. Molta acqua è passata sotto i ponti dai tempi del Bossi fondatore del movimento o del Bossi in canottiera, a Ferragosto, con Berlusconi. Proprio l’altro giorno, mi è capitata sotto gli occhi una copia del secondo numero della “Voce” di Montanelli. La copertina di prima pagina raffigura Umberto, Silvio e Gianfranco Fini nei panni dei generali fascisti con il fez in testa. Quella copertina alienò le simpatie di molti “montanelliani” doc, ma, al di là della reazione negativa di tanti lettori, ho capito che stavamo parlando di un’altra era zoologica. Come diceva, spesso, lo stesso Indro, gli italiani sono, purtroppo, abituati a camminare con la testa rivolta all’indietro, prestando troppa attenzione al passato. È giunto il momento di guardare avanti, al futuro. Per assicurare un domani al proprio partito (e non solo) i leghisti hanno fatto bene a non farsi condizionare dai sentimenti e dalla nostalgia consegnando la segreteria a Salvini con l’82 per cento dei suffragi. Per Bossi, come ha assicurato il neo eletto, ci sarà sempre un ruolo di presidente onorario del Carroccio. Oggi è, insomma, il giorno dei Mattei: Matteo Renzi e Matteo Salvini.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net