Il gioco delle tre tavolette

A NATALE siamo tutti più buoni e anche il governo Letta ci tiene a mostrare la sua faccia migliore. Così, da una parte, cerca di fare marcia indietro sulla penalizzazione dei Comuni virtuosi che hanno dichiarato guerra alle slot-machine, mentre, dall’altra, sembra mettere un freno al finanziamento pubblico ai partiti. Se, nel primo caso, si […]

A NATALE siamo tutti più buoni e anche il governo Letta ci tiene a mostrare la sua faccia migliore. Così, da una parte, cerca di fare marcia indietro sulla penalizzazione dei Comuni virtuosi che hanno dichiarato guerra alle slot-machine, mentre, dall’altra, sembra mettere un freno al finanziamento pubblico ai partiti. Se, nel primo caso, si tratta di una virata completa rispetto all’emendamento di una senatrice del Nuovo centrodestra, Federica Chiavaroli, che premiava gli amministratori pubblici pronti a puntare sul gioco d’azzardo, nel secondo si dà vita a un altro tipo di gioco, quello delle tre tavolette. L’annuncio trionfalistico, nei giorni scorsi, del premier sui tagli ai fondi elargiti ai partiti, appare, infatti, molto ambiguo, quasi un modo per calmare la piazza assetata di sangue, forconi o non forconi.

UN PO’ come sta succedendo con la legge di Stabilità che presenta, sotto sotto, trucchi di vario tipo. In ogni caso lo sbandierato stop alle elargizioni ai partiti deve essere, ancora, convertito in legge, ma, leggendo il provvedimento, si ha l’impressione di fare un passo avanti e, subito, due indietro. Non ha molto senso, infatti, che la limatura vada a pieno regime solo nel 2017, con un taglio graduale del 25 per cento all’anno. Non solo: quando anche la conversione in legge avvenisse nei tempi previsti, il finanziamento verrebbe, comunque, sostituito da un prelievo del 2 per mille sul reddito tassabile ai fini dell’Irpef, a discrezione del cittadino. In altre parole, ciascuno di noi dovrebbe decidere se dare al partito X o al partito Y un contributo sottraendolo, però, dai conti dello Stato. Siamo alle solite, l’ennesima dimostrazione del gioco delle tre tavolette: quello che sposti, velocemente, con una mano, lo fai riapparire, con l’altra, in una forma leggermente diversa. Ma sempre di finanziamento pubblico si tratta. Sembra che il potere politico, comunque si muova, non possa fare a meno di prendere in giro, magari inavvertitamente, gli italiani. Il problema è che i cittadini sono, adesso, diventati molto più furbi e non ci mettono molto ad accorgersi del trucco. È, dunque, inutile parlare di abolizione del finanziamento pubblico ai partiti quando, fino a prova contraria, ci sono sempre soldi di pertinenza dello Stato che vengono dirottati verso le segreterie dei gruppi politici. Morale della favola: o si passa finalmente al finanziamento privato, come succede negli Stati Uniti, oppure abbiamo sempre quattrini della collettività che confluiscono nelle casse dei partiti, con l’aggravante che, se passa questa legge, il singolo contribuente decide dove destinare somme che non gli appartengono più. Alla faccia della moralizzazione. Insomma “carta vince, carta perde”, impera la nuova democrazia finanziaria creatrice e tanto, tanto furbetta.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net