Il “canto libero” di Amanda

IL NUOVO PROCESSO d’appello deciso per Amanda Knox e Raffaele Sollecito mi ha ricordato quel giorno dell’estate del 2008 quando, nelle vesti di deputato, andai a visitare in carcere la studentessa del giallo di Perugia. Un incontro, quello di Capanne, piuttosto sorprendente perché la “Foxy Knoxy” dei tabloid britannici, non mi sembrò affatto la biondina […]

IL NUOVO PROCESSO d’appello deciso per Amanda Knox e Raffaele Sollecito mi ha ricordato quel giorno dell’estate del 2008 quando, nelle vesti di deputato, andai a visitare in carcere la studentessa del giallo di Perugia. Un incontro, quello di Capanne, piuttosto sorprendente perché la “Foxy Knoxy” dei tabloid britannici, non mi sembrò affatto la biondina supersexy e rubacuori descritta dai giornali, ma una ragazzina acqua e sapone molto sveglia, con quegli incredibili occhi azzurri che ti guardano fisso e non s’abbassano mai, la pella bianchissima, la voce cristallina e un sorriso luminoso. Solitamente le persone che vedi dietro le sbarre sono disperate, spesso in lacrime, come mi capitò anche con Anna Maria Franzoni, quella di Cogne. La studentessa americana sembrava, invece, reduce da uno stage in un college. Aveva tanti progetti in testa e l’uccisione di Meredith Kercher non sembrava neppure toccarla. Mi confessò che aveva ultimato un corso di chitarra e, al saggio finale, aveva suonato “Il mio canto libero” di Lucio Battisti. Forse quella canzone le è tornata in mente ieri dopo la decisione della Cassazione.