GLI STRANI scherzi del destino. In questi giorni, mi è capitato di andare da un estremo all’altro: dopo avere a lungo intervistato Ernesto Preatoni, l’economista pragmatico che ha portato avanti una coraggiosa campagna per mettere a nudo le gravi carenze dell’euro, ieri ho trascorso un paio d’ore in compagnia di Romano Prodi che, della moneta comune, è stato uno dei padri fondatori. Ho preferito prendere, con lui, l’argomento da lontano, evitando di mettere, in qualche modo, sotto accusa il professore che conosco da una vita.

Mi aspettavo, comunque, una difesa ad oltranza di Prodi per le scelte d’allora: anche se non ha direttamente affrontato il capitolo-Maastricht, ho, però, trovato anche lui molto preoccupato per la situazione d’oggi. Al di là del vizio d’origine di aver costruito una divisa unica senza che ci fosse, prima, un’unità politica, il vero problema, secondo l’ex premier, non sono state le regole d’allora, ma gli uomini (o meglio: le donne) di oggi. Se, ai suoi tempi, c’era un grande statista europeo come Helmut Kohl che, pur facendoci svolgere i compiti a casa, rispettava tutti i membri dell’euroclub e teneva conto dei bisogni dei Paesi più deboli, oggi la Merkel sembra pensare, egoisticamente, solo alla Germania che ha, così, tratto profitto, per anni, dell’eurozona, a scapito degli altri.

Insomma, Berlino non potrà mai avere un ruolo da vero leader come hanno esercitato, da anni, gli Stati Uniti, per la semplice ragione che ha preferito puntare sul “particulare”, cioè sugli interessi di casa. Non è un caso che l’attuale braccio armato di frau Angela, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, sia stato a lungo una specie di tirapiedi della stessa Merkel: ergo, una sua emanazione diretta. Insomma, stringi stringi, anche Prodi comincia a essere molto preoccupato sul futuro dell’euro.

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