SPESSO e volentieri penso che il giornalismo sia davvero il mestiere più bello del mondo e che valga la pena dedicare la propria vita a questa professione che ti prende tutto. Ieri mattina mi hanno chiamato per dirmi che, dopo lunga malattia, se ne era andato Renato Vassallo, caporedattore del “Giorno”, che del giornale aveva fatto la sua religione. È davvero triste annunciare la scomparsa di un grande collega ed amico: anche alla fine si sforzava di telefonarci per sapere cosa succedesse in redazione, con il sogno di tornare, come sempre, in mezzo a noi. In questi ultimi mesi, Renato stava lavorando ad una pubblicazione speciale, in occasione dei 60 anni di vita del nostro quotidiano: mi consolo pensando che a quell’appuntamento ci sarà comunque.

Con la morte nel cuore, volto pagina e cerco di rispondere alla domanda di questi giorni: chi salirà sul Colle? La confusione sembra totale: tra chi scende dal treno in corsa, come ha fatto Romano Prodi, o chi potrebbe diventare un “jolly” vincente, come lo sceriffo Raffaele Cantone (ma lui, nell’intervista che pubblichiamo oggi, in modo soft, smentisce l’ipotesi). Insomma, un grande polverone, i giochi non sono assolutamente fatti e lo stesso Renzi indicherà il nome solo all’immediata vigilia del voto. Credo, però, che, a prescindere dalla volontà del premier, il nome salterà fuori dal cilindro non prima del 26 gennaio, cioè all’indomani delle elezioni politiche in Grecia. Stiamo attraversando un periodo di grande emergenza e, di fronte a una situazione incerta e confusa, ci vuole una risposta immediata: successe anche quando venne eletto al Quirinale Oscar Luigi Scalfaro. I fatti sono noti: il Parlamento, a Camere riunite, non riusciva a trovare il successore di Cossiga, quando, in Sicilia, avvenne l’attentato che costò la vita al giudice Falcone, alla moglie e alla sua scorta. Fu il classico schiaffo che scosse i politici: immediata la risposta, con la tanto attesa fumata bianca sul nome dell’ex ministro dell’Interno. Oggi c’è, da una parte un grande allarme
terrorismo, reso sempre più incalzante dopo gli attentati di Parigi, ma c’è pure un rischio-Europa che, nel caso di una vittoria ad Atene della sinistra estrema (leggi Tsipras), metterebbe a rischio la stessa costruzione comunitaria. È inutile continuare a fare finta di nulla: l’euro (come dimostra lo “sganciamento” a sorpresa del franco svizzero) e il Vecchio Continente sono sotto pressione e, a maggior ragione, è necessaria una risposta forte da parte dei Paesi più europeisti.

Ecco, quindi, che a quel punto, potrebbero essere definitivamente lanciati nomi di economisti come Padoan o il governatore della Banca d’Italia, Visco. Potrebbe anche essere recuperato Mario Draghi, anche se lui continua a sostenere che da Francoforte non si sposta. Nonostante il suo “no” attuale, non sarebbe neppure da escludere la candidatura di Prodi: sarà anche stato il fondatore dell’Ulivo, ma è, poi, diventato presidente della Commissione Europea. In conclusione, la settimana prossima ci aspettano solo grandi manovre in attesa del voto greco: dieci giorni ancora che sembrano un’eternità.
giancarlo.mazzuca@ilgiorno