I dolori dell’Italicum

PER L’ENNESIMA VOLTA da quando ha concesso il bis al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha tuonato: riforme subito! Napolitano fa la voce grossa anche perché può contare su un’arma di scambio non di poco conto nei confronti di governo e Parlamento: o vi sbrigate, o me ne vado. Il Capo dello Stato ha, certo, […]

PER L’ENNESIMA VOLTA da quando ha concesso il bis al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha tuonato: riforme subito! Napolitano fa la voce grossa anche perché può contare su un’arma di scambio non di poco conto nei confronti di governo e Parlamento: o vi sbrigate, o me ne vado.

Il Capo dello Stato ha, certo, ragioni da vendere, ma più che la rapidità delle riforme, sia pure urgenti dopo tanto tergiversare, credo sia prioritaria la qualità delle modifiche apportate. E qui cominciano i veri dolori: è giusto o no reintrodurre le preferenze? Hanno davvero ragione Berlusconi e Renzi a puntare su due grandi partiti o bisogna ridurre la soglia di sbarramento prevista dall’Italicum?

Insomma, dopo l’entusiasmo iniziale dei mass-media per la fumata bianca dell’altro fine-settimana, ecco riaffiorare i dubbi e le polemiche. C’è stata la rivolta dei piccoli partiti, spaventati dal rischio di sparire, ma si sono fatti subito sentire pure i franchi tiratori anti-renziani all’interno del Pd.

SE L’ITALICUM ha già avuto un primo via libera dalla Commissione Affari costituzionali della Camera, restano in piedi tante incognite e perplessità che aumenteranno in modo esponenziale, con molti rischi d’imboscata, quando il provvedimento, considerando le forze in campo, dovrà passare le forche caudine del Senato. Insomma, Matteo comincia a fare i conti con le difficoltà del “day by day”, dopo avere galoppato a spron battuto sulle ali dei proclami e degli slogan.

Eppure la mossa del sindaco di Firenze è stata indovinata: raggiungendo subito un compromesso con il Grande Nemico ha spiazzato alleati ed oppositori interni. Ha costretto Alfano e il Nuovo Centrodestra a un’intesa affrettata per non restare fuori dai giochi. Al tempo stesso, ha messo in guardia tutti i frondisti del Pd perché, dice Renzi, il moltiplicarsi dei mal di pancia interni potrebbe sfociare nelle elezioni anticipate con il sistema proporzionale dopo la sentenza della Consulta che ha messo definitivamente in pensione il Porcellum. Sarebbe una disgrazia per il Paese, ma non per lui che avrebbe, anzi, la strada spianata per Palazzo Chigi.

INSOMMA, COMUNQUE andrà a finire, Matteo dovrebbe risultare vincitore mentre ne uscirà con le ossa rotte Enrico Letta, che, rimpasto o non rimpasto, potrà anche allungare di un anno l’agonìa del suo governo ma, ormai, politicamente parlando, sembra in fase discendente, nonostante l’età da rottamatore. Così va il mondo: ci sono rampanti, come, appunto, il premier o Alfano, che sono invecchiati precocemente mentre ha nuova vita quella specie di dinosauro di Berlusconi che, a dispetto delle Olgettine, è tornato in primo piano, tanto che ora non ha più problemi neppure a farsi fotografare con le rughe dai giornali stranieri. Ma, al di là delle vicende personali di quel leader o dell’altro, è in ballo il futuro di un Paese che prescinde dalle singole fortune dei nostri rappresentanti politici: se Renzi può anche accettare (anzi, sotto sotto, la favorisce…) di andare subito alle urne, agli italiani, con la crisi che c’è, il voto anticipato sta stretto, molto stretto. Tanto stretto da soffocare.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net