Guareschi e Don Camillo

NEL GIRO di pochi giorni, Papa Francesco ha messo a segno un bellissimo uno-due: prima ha detto che occorre far piazza pulita dei faraoni anche in Vaticano, poi, a Firenze, ha ricordato Giovannino Guareschi e Don Camillo. Musica per le mie orecchie per ragioni molto semplici. Cominciamo dai faraoni: sono anni che, assieme ad Aldo […]

NEL GIRO di pochi giorni, Papa Francesco ha messo a segno un bellissimo uno-due: prima ha detto che occorre far piazza pulita dei faraoni anche in Vaticano, poi, a Firenze, ha ricordato Giovannino Guareschi e Don Camillo. Musica per le mie orecchie per ragioni molto semplici. Cominciamo dai faraoni: sono anni che, assieme ad Aldo Forbice, ho denunciato lo scandalo delle spese pazze e delle malversazioni nelle varie amministrazioni pubbliche. Qualcosa come sette anni fa scrivemmo addirittura un libro sull’argomento che, manco a farlo apposta, si intitolava «I Faraoni».

Purtroppo, avevamo visto giusto, tanto che i faraoni si sono sparsi un po’ ovunque, persino all’interno delle sacre mura vaticane. Mi ha fatto molto piacere pure la citazione papale di don Camillo dell’altro ieri: «Mi colpisce – queste le parole del pontefice – come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente».

Se a parlarmi di Guareschi, il padre del parroco e di Peppone, fu Indro Montanelli, a dilungarsi anche sul sacerdote, che dovremmo considerare il vero prototipo della figura ideale di un vero religioso, è stato il cardinale uscente di Bologna, Carlo Caffarra, che è nato a Busseto, la stessa cittadina di Giovannino. Alcuni anni fa, andai a trovare l’arcivescovo per farmi raccontare qualche aneddoto sullo scrittore della Bassa. Faceva molto caldo e Caffarra mi invitò a pranzo: tra una portata e l’altra, cominciò la lunga favola di don Camillo e io rimasi a sentirlo, rapito ed estasiato. Storie di un’Italietta che non c’è più. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net