Gli ultimi giapponesi

Sembrano gli ultimi giapponesi che si sono rifugiati nella foresta e che non sanno che la guerra è, ormai, persa. I burocrati d’Italia e gli appartenenti alla Casta che cercano disperatamente di sopravvivere, anche se sono stati messi in liquidazione dal premier Renzi, hanno i colpi di coda finali nel tentativo, ormai inutile, di difendere […]

Sembrano gli ultimi giapponesi che si sono rifugiati nella foresta e che non sanno che la guerra è, ormai, persa. I burocrati d’Italia e gli appartenenti alla Casta che cercano disperatamente di sopravvivere, anche se sono stati messi in liquidazione dal premier Renzi, hanno i colpi di coda finali nel tentativo, ormai inutile, di difendere i propri, residui, privilegi. Ieri abbiamo scritto della Provincia di Monza che, all’indomani del pollice verso del Parlamento, trasferisce gli uffici in una nuova sede faraonica dal costo di 22 milioni: che senso ha questo trasloco che incide per la bazzecola di 180 mila euro? Nulla, eppure tutto procede come se non fosse successo alcunché. Un altro caso clamoroso, di cui mi sono occupato più volte, è quello del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, che, un tempo, era pomposamente chiamato la terza Camera e che, oggi, non vale neppure come ripostiglio. Pensate un po’: il Consiglio che, in teoria, avrebbe dovuto elaborare tante leggi economiche e sul lavoro e preparare moltissime analisi sui due fronti, è a carico delle casse dello Stato per una ventina di milioni di euro l’anno.

Dopo la decisione parlamentare, che taglia un organo di rilevanza costituzionale, è cominciato l’iter di scioglimento ma ci vorrà un po’ di tempo, probabilmente sino alla fine del 2015.  Che fare nel frattempo? Molti esterni (e non solo) sono d’accordo sulla necessità di ridurre i costi da subito, almeno una grossa fetta delle voci di spesa. Chiariamo meglio: dei 20 milioni di esborsi, quasi la metà (9,5 milioni) non può essere immediatamente cancellata perché si riferisce agli stipendi del personale (7 milioni) e ai costi di gestione (2,5 milioni) di Villa Lubin, che è la sede del Cnel, a Roma. La quota restante, 10,5 milioni, potrebbe, invece, essere cancellata nel giro di poche settimane. Basterebbe che i consiglieri, per le poche volte che saranno ancora convocati (si riuniscono mediamente una volta al mese) rinuncino alle loro indennità e rimborsi. D’ora in poi, inoltre, non si dovrebbero più appaltare studi o ricerche all’esterno.

Se i consiglieri, a cominciare dal presidente Antonio Marzano, facessero davvero tutto ciò, chiuderebbero alla grande perché darebbero agli italiani un segnale di responsabilità. L’auto-taglio sarebbe, inoltre, un gesto di dignità. Dopo essere stati attaccati, spesso e volentieri, dai Don Chisciotte che, da anni, combattono contro i mulini a vento del Cnel, i consiglieri detronizzati potrebbero, così, uscire a testa alta dalla scena.  Ma, in questi giorni, assistiamo, invece, all’ennesima rissa dentro Villa Lubin: se una parte dei consiglieri sarebbe effettivamente pronta a lavorare gratis, una buona fetta vorrebbe dimettersi subito al grido di “no ai gettoni a costo zero”.  Mi auguro che gli ultras delle indennità ci ripensino: sarebbe il modo migliore per rivalutare, in qualche modo, la Casta. Anche se in “zona Cesarini”.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net