Gli indici di Botswana

QUANDO metteremo gli indici all’indice? Siamo sommersi da sondaggi, analisi congiunturali, proiezioni, comparazioni che, invece di fare chiarezza sulla salute del Belpaese e sullo stato degli eventuali progressi, spesso creano ulteriore confusione. Per esempio da otto anni, ormai, autorevoli istituti di ricerca affermano che la ripresa è dietro l’angolo, ma, come in quel vecchio film di […]

QUANDO metteremo gli indici all’indice? Siamo sommersi da sondaggi, analisi congiunturali, proiezioni, comparazioni che, invece di fare chiarezza sulla salute del Belpaese e sullo stato degli eventuali progressi, spesso creano ulteriore confusione. Per esempio da otto anni, ormai, autorevoli istituti di ricerca affermano che la ripresa è dietro l’angolo, ma, come in quel vecchio film di Alberto Sordi, continuiamo a cercare la “tittina” (la luce in fondo al tunnel) senza trovarla mai, nonostante l’alluvione di statistiche favorevoli. Proprio ieri il “Sole 24  ore” ha giustamente preso le distanze dall’ultimo delirio degli addetti ai lavori, il Global competitiveness index, che misura la competitività e che viene stilato da un “panel” di 87 manager su richiesta degli organizzatori degli incontri di Davos. In base ai dati elaborati da queste teste d’uovo dell’economia, l’Italia è dietro alle Mauritius e a Malta. Non solo: per quanto riguarda il mercato del lavoro, siamo messi peggio del Pakistan e della Libia, mentre sul fronte dell’accesso al credito, siamo preceduti persino da Burkina Faso e da Nigeria.  Diciamola tutta: non siamo messi certamente bene e, per molti versi, facciamo pure acqua, ma c’è un limite di ragionevolezza che dovrebbe essere invalicabile. Non ho, in effetti, nulla contro, ad esempio, il Burkina Faso, ma  pensare che le nostre banche siamo meno credibili di quelle di quel Paese, mi sembra, oggettivamente, un po’ eccessivo. C’è qualcosa che, sinceramente, mi sfugge. Alcuni economisti hanno  parlato di “sindrome del Botswana”, cioè la tendenza a comparare l’Italia con Paesi che sono, comunque, su un altro pianeta dal punto di vista della ricchezza, del benessere e della qualità della vita. Saremo, magari, un po’ snob, ma bisogna cercare di rimettere i puntini sulle “i” e, forse, l’imminente Expo potrà anche servire per riconquistare maggiore credibilità. Se, in quest’ultimo mese, saremo capaci di superare gran parte dei ritardi attuali sulla tabella di marcia dei lavori, con tutti gli inghippi connessi, e offrire al mondo un’immagine diversa,  potremo riacciuffare il posto che ci spetta nello scenario internazionale. Alla faccia degli indici di competitività e  delle classifiche costruite su balle spaziali. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net