Giornalista per sempre

SERATA MONTANELLI. Alcuni giornalisti si sono ritrovati ieri a Roma, quasi come vecchi nostalgici, per ricordare Indro a tredici anni dalla scomparsa. Come un flash, ho rivissuto quel giorno alla sede del Giornale quando mi presentai emozionato al suo cospetto per essere assunto. Lui si definiva «il peggiore dei direttori, eccettuati tutti gli altri».  In […]

SERATA MONTANELLI. Alcuni giornalisti si sono ritrovati ieri a Roma, quasi come vecchi nostalgici, per ricordare Indro a tredici anni dalla scomparsa. Come un flash, ho rivissuto quel giorno alla sede del Giornale quando mi presentai emozionato al suo cospetto per essere assunto. Lui si definiva «il peggiore dei direttori, eccettuati tutti gli altri».  In realtà, è stato il migliore di tutti, anche se non gli piaceva la gestione operativa del quotidiano. «Sono un direttore di bandiera, più che di altro. La mattina mi issano sul pennone e io sventolo».

AVREMMO desiderato essere i figli che non ha voluto avere, perché, diceva, «non si sa mai chi ti metti in casa». Indro ha sempre continuato a stupirci con le storie meravigliose della sua vita complicata, con l’essere controcorrente sempre e ovunque. Giornalista di vocazione, per ottant’anni è restato avvinghiato alla sua Lettera 22. L’ha mollata solo il giorno della sua scomparsa, in quella torrida domenica di quel caldo luglio del 2001, mentre a Genova andavano in onda i sanguinosi fatti del G8 che di certo avrebbe voluto commentare in diretta. Con lui sono stati anni molto intensi: avremmo seguito il Vecchio anche sulla luna, se ce lo avesse chiesto. Peccato che di Montanelli, oggi, non ce ne siano più.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net