Expo, tabù è il rinvio

ALCUNI COSTRUTTORI hanno buttato lì l’idea di un possibile rinvio di un anno dell’Expo di Milano, preoccupati che non si riescano a completare i lavori previsti. Non occorrono verifiche: l’ipotesi è assolutamente impraticabile, perché finiremmo per essere sommersi dalle penali da pagare alle delegazioni estere per il mancato rispetto dei contratti. Ma sarebbe anche una […]

ALCUNI COSTRUTTORI hanno buttato lì l’idea di un possibile rinvio di un anno dell’Expo di Milano, preoccupati che non si riescano a completare i lavori previsti. Non occorrono verifiche: l’ipotesi è assolutamente impraticabile, perché finiremmo per essere sommersi dalle penali da pagare alle delegazioni estere per il mancato rispetto dei contratti. Ma sarebbe anche una questione d’immagine: che figura faremmo a chiedere il time-out? C’eravamo sbagliati, ne riparliamo nel maggio del 2016?

È VERO che, in passato, ci sono stati  rinvii anche sul fronte degli Expo: è successo, in Svizzera, nel 1923 (si saltò, addirittura, un turno passando direttamente al 1929), è accaduto, ovviamente, con l’Esposizione Universale del 1942 a Roma (quella dell’Eur) che venne annullata per “cause di forza maggiore”. C’è stato, più di recente, anche un altro caso in Svizzera, ma si trattava soltanto di una manifestazione nazionale.

INSOMMA, uno slittamento della rassegna lombarda sarebbe  un clamoroso boomerang, “pèso el tacòn del buso”, come si direbbe in Laguna. E, allora, andiamo avanti a tutto gas. Cercando di recuperare il terreno perduto: a 300 giorni esatti dall’ora X, la nave dell’Expo può essere ancora raddrizzata.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net