Expo e povertà: quali eredità

Al suo predecessore, l’Expo non ha portato molta fortuna: l’anno scorso, come prima visita ufficiale, Enrico Letta aveva scelto proprio il sito espositivo milanese. Forse anche per scaramanzia, Matteo Renzi ha atteso quasi due mesi per bussare alla porta di Rho, ma domani, con un po’ di ministri al seguito, effettuerà un bel sopralluogo tra […]

Al suo predecessore, l’Expo non ha portato molta fortuna: l’anno scorso, come prima visita ufficiale, Enrico Letta aveva scelto proprio il sito espositivo milanese.

Forse anche per scaramanzia, Matteo Renzi ha atteso quasi due mesi per bussare alla porta di Rho, ma domani, con un po’ di ministri al seguito, effettuerà un bel sopralluogo tra i padiglioni in costruzione. Non è mai troppo tardi, secondo il governatore Maroni che proprio l’altro giorno aveva sollecitato la visita del premier. Ma, al di là di qualche punzecchiatura sui tempi troppo dilatati della trasferta lombarda, è importante che il sindaco d’Italia effettui una verifica in prima persona. A cominciare, ovviamente, dalla tabella di marcia dei lavori che, per diversi motivi (dai ritardi nei finanziamenti statali alle tegole giudiziarie sugli appalti), non è, al momento, rispettata.

Ma c’è anche un nodo del “dopo”, di cui, ancora, nessuno (o quasi) parla. L’Expo non deve essere, infatti, soltanto una maxi-vetrina mondiale: al di là dei suoi risvolti commerciali, l’Esposizione Universale sarà in grado di affrontare in modo pragmatico i problemi dell’alimentazione e della povertà del pianeta? Ad esempio, qualcuno ha pensato seriamente a come utilizzare, sul piano delle esigenze primarie, l’esperienza del 2015 dopo che saranno spenti tutti i riflettori sulla manifestazione? Attendiamo risposte. E, pure, in tempi brevi.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net