Euro, Grexit o non Grexit

A LEGGERE certi giornali, sembra quasi che il dibattito in corso in questi giorni – Grexit o non Grexit: cioè uscirà o no la Grecia dall’euro? – sia una discussione puramente accademica sugli sfortunati cugini ellenici. Un affare, insomma, che ci riguarda solo di striscio, perché tutto si gioca tra Berlino ed Atene. Siamo, così, […]

A LEGGERE certi giornali, sembra quasi che il dibattito in corso in questi giorni – Grexit o non Grexit: cioè uscirà o no la Grecia dall’euro? – sia una discussione puramente accademica sugli sfortunati cugini ellenici. Un affare, insomma, che ci riguarda solo di striscio, perché tutto si gioca tra Berlino ed Atene. Siamo, così, stati informati che, martedì prossimo, si svolgerà, salvo imprevisti, l’ennesimo incontro tra il ministro delle Finanze tedesco, Schaeuble e il collega del Partenone, Varoufakis. Che si sbroglino in pace, verrebbe da dire, i loro problemi. Questa indifferenza, però, è deleteria, perché se Tsipras dice “bye-bye” alla moneta unica, sotto i riflettori finiranno anche il Portogallo, la Spagna e, soprattutto, l’Italia. Insomma, siamo più che mai sotto la spada di Damocle (un greco, manco a farlo apposta) della moneta unica. È vero, rispetto all’anno scorso, la camicia di forza della moneta unica appare, oggi, per noi meno opprimente grazie al cambio più favorevole sul dollaro e agli “zero tassi d’interesse” o quasi.

CI SENTIAMO, quindi, un po’ meno sotto pressione come se il peggio fosse già alle nostre spalle: i due fattori favorevoli di cui sopra hanno avuto, sia pure in parte, lo stesso effetto delle svalutazioni competitive ai tempi della lira, quelle che consentivano alle nostre esportazioni di allungare il passo e, spesso, anche di crescere. Non dobbiamo, però, farci illusioni: se la Grecia cadrà, saremo, poi, noi italiani a finire sulla graticola come tanti San Lorenzo. E non potremo neppure dare la colpa ad Atene che ci ha trascinati nel baratro: la Grecia è, oggi, con le spalle al muro e se i tedeschi non allargano nuovamente la borsa concedendo altri crediti, Tsipras, suo malgrado, sarà costretto a issare definitivamente bandiera bianca. Ecco perché, assieme al presidente della Bce Draghi, che è pure dalla parte nostra, dobbiamo dare una specie di aut-aut ai falchi della signora Merkel: cari tedeschi se non volete che crolli tutto, non mollate i greci al loro destino. In questo frangente, dunque, il governo Renzi, oggi preso da mille problemi, non può mollare la guardia sulla difesa ad oltranza del club dell’euro: diventa, infatti, perfettamente inutile sostenere, come il premier ha fatto al convegno dei giovani industriali di Santa Margherita Ligure, che siamo fuori dal guado e che la ripresa economica comincia davvero ad avvertirsi dopo sette anni di recessione se, sul fronte europeo, regna una imprevedibile incertezza.

L’IMPRENDITORE lombardo Ernesto Preatoni, antesignano del partito anti-euro – che, come tale, si è beccato, almeno fino all’anno scorso, i peggiori epiteti -, sostiene che Berlino difende l’euro forte perché i tedeschi hanno, nella loro memoria, il ricordo angosciante della Repubblica di Weimar. Se qualcosa non cambia, e in fretta, rischiamo di dover uscire in maniera disordinata dalla moneta unica e finirà che lo scenario di Weimar ce lo ritroveremo in casa. Possibile che la corazzata Europa si lasci affondare dalla navicella greca?

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net