FORSE perché ho subito il lavaggio del cervello di alcuni miei amici, assolutamente innocentisti, ho continuato a dare molto credito alle parole di Massimo Bossetti che si è sempre dichiarato non colpevole del delitto di Yara Gambirasio. Quando ho però saputo che il manovale bergamasco non solo ha avuto l’autorizzazione per uscire dal carcere e dare l’ultimo saluto a colui che ha sempre considerato il suo vero padre (secondo la genetica è invece un altro), ma ha potuto anche commemorare in chiesa, con un discorso molto toccante, la figura del presunto genitore, ho, in un primo momento, reagito male.
Considerando, infatti, che uno degli elementi-chiave del processo in corso verte proprio sulla vera paternità di Bossetti, quell’intervento dal pulpito mi è sembrato fuori luogo, quasi un’arringa difensiva supplementare. Ma ho poi pensato che la pietas cristiana non fa distinzione tra innocenti e colpevoli e che a un figlio, o presunto tale, non può essere impedito l’ultimo saluto.
A Terno d’Isola, il parroco di San Vittore (attenzione: la chiesa, non le carceri milanesi…) ha fatto bene a lasciare la parola a Bossetti. Ma ora, dopo il momento di misericordia, vorrei che la giustizia facesse il suo corso anche perché ci sono altri genitori, i genitori di Yara, che continuano a soffrire e a pregare.
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