Dobbiamo reagire

Nella notte di venerdì 13 novembre il mondo è cambiato e ha rimesso in gioco, nel giro di poche ore, tutto ciò che accade attorno a noi. Speravamo che, dopo una settimana, la situazione si andasse normalizzando come già successe in gennaio dopo il raid a Charlie Hebdo. Purtroppo è accaduto il contrario perché, tra […]

Nella notte di venerdì 13 novembre il mondo è cambiato e ha rimesso in gioco, nel giro di poche ore, tutto ciò che accade attorno a noi. Speravamo che, dopo una settimana, la situazione si andasse normalizzando come già successe in gennaio dopo il raid a Charlie Hebdo. Purtroppo è accaduto il contrario perché, tra l’attentato in Mali e i continui allarmi-bomba anche in Italia, l’emergenza si è accentuata e proprio ieri il Belgio ha decretato il massimo livello di stato d’allerta. Tra psicosi collettive e reali pericoli, rischiamo davvero di andare in tilt: ecco perché di fronte ad uno scenario drammaticamente preoccupante, occorrono misure eccezionali, magari solo per un limitato arco di tempo. È chiaro che, come si sta puntualmente registrando da molti anni, la prima ad essere chiamata in causa è proprio l’Europa che, sul piano economico e politico, continua a denunciare troppe lacune. Sono, quindi, sempre di più gli esponenti di primo piano del Vecchio Continente che chiedono la creazione di una Procura generale europea che possa dare una risposta globale alla lotta senza confini dei terroristi dell’Isis: oggi più che mai è necessario lanciare un messaggio di unità e di compattezza ai fanatici islamici.

Mettiamo da parte divisioni ed invidie interne per un obiettivo più importante: ridare fiducia e sicurezza a un’Europa che sembra sull’orlo di una Terza guerra mondiale. Aumentano anche gli opinionisti che danno ragione a Magdi Cristiano Allam, il giornalista di origini egiziane da sempre impegnato a mettere in guardia gli italiani sulle gravissime minacce che provengono dal Califfato e che incombono sul mondo occidentale. Tante le misure proposte: molte sembrano efficaci, altre meno. Ne ricordiamo qualcuna: come da mesi sta sostenendo Putin, bisognerebbe varare una coalizione, incentrata sull’alleanza tra Stati Uniti e Russia, pronta a liberare la Siria e l’Iraq dal terrorismo islamico. Insomma, i bombardamenti aerei non sarebbero sufficienti, se non supportati da forze di terra. Sarebbe, inoltre, auspicabile creare un altro contingente, guidato magari dall’Egitto, per liberare la Libia e ripristinare la legalità e la sicurezza a Tripoli e dintorni. Le responsabilità di quei soloni, a cominciare dall’ex presidente francese Sarkozy, che vollero cancellare il regime dittatoriale di Gheddafi nel “bel suol d’amore” in nome della democrazia e della libertà, restano, comunque, grandissime. Se, poi, guardiamo ai problemi dell’Italia, sono in molti a sostenere la necessità di limitare gli ingressi e la concessione della cittadinanza solo a quegli stranieri che abbiano saputo dimostrare la volontà di rispettare le nostre leggi e di condividere i valori della nostra civiltà, come la pari dignità tra uomo e donna e la libera espressione e circolazione delle idee. Alla violenza dobbiamo, insomma, rispondere con la fermezza. È anche il caso di tutti coloro che vorrebbero rinviare il prossimo Giubileo di Roma per paura di attentati: sarebbe un errore perché si dimostrerebbe un lampante atto di debolezza anche se giustificato dall’emergenza. Pure all’Expo di Milano, se vi ricordate, c’erano stati, alla vigilia, segnali negativi, anche se non altrettanto dirompenti, ma nessuno si sognò di annullare la grande kermesse. Abbiamo continuato ad aprire le porte dei nostri confini e a porgere sempre l’altra guancia: i risultati di questo comportamento – legittimo, ma intriso di un micidiale cocktail di buonismo e di ingenuità – sono adesso sotto gli occhi di tutti.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net