ERRAGOSTO deflazionato. La notizia che l’Italia sta piombando nella deflazione ha mandato in tilt i tanti economisti che, dall’alto dei loro scranni, continuano a sbagliare previsioni dal 2008. Grida di dolore e vesti stracciate: è l’inizio della fine? Intendiamoci, la situazione è drammatica: la ripresa non c’è, la disoccupazione aumenta, cresce la povertà e i consumi ristagnano. Ma proprio perché i consumi non ripartono, un certo calo dei prezzi dei prodotti di prima necessità potrebbe anche innescare quella spirale virtuosa avviata solo sulla carta dal bonus di 80 euro. Certe volte non bisogna essere un Monti o un Giavazzi per sapere suggerire la ricetta giusta, basterebbe, ogni tanto, un po’ di buon senso. Invece di rifugiarsi nel solito pianto greco, guardiamo cosa succede all’estero. E partiamo proprio da Atene, che era davvero sull’orlo del precipizio: per salvarsi dal crac ha bloccato gli stipendi dei dipendenti pubblici, ma ha anche tagliato costi di produzione e prezzi di vendita. Morale della favola, sia pure con un po’ di fatica e con massicce iniezioni di liquidità della Bce, la Grecia è stata in grado di rimettersi in carreggiata, anche se la strada verso il risanamento è ancora lunga. Dopo disordini di piazza e disagi vari, ha finito per applicare quelle regole del mercato che i politici hanno sempre evitato per non perdere, almeno così pensavano, i consensi elettorali. 

IN ALTRE PAROLE, c’è una regola fissa: calando i listini, aumenta il potere d’acquisto delle famiglie, ma le minori entrate nelle catene della produzione e della distribuzione debbono essere compensate dagli sgravi fiscali che il governo continua a promettere all’industria e al commercio, ma non ha ancora attuato. Detta così, sembra la scoperta dell’uovo di Colombo: chi ha scritto che dobbiamo sempre fare ricorso ad astruse teorie economiche per cercare di trovare la luce in fondo al tunnel? In fin dei conti, basta analizzare la situazione dell’euro: sappiamo, purtroppo, ormai in che condizioni ci hanno lasciato certi demiurghi della costruzione monetaria europea.

NON È UN CASO che, oggi, solo l’area della valuta comune (Germania compresa) registra un forte rallentamento congiunturale, mentre, fuori dal nostro club valutario, ci sono Paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone in fase di netta ripresa. Semplici coincidenze o stanno venendo al pettine tutti i guasti provocati dalla costruzione troppo affrettata della moneta unica? Il gelo economico di questi mesi, deflazione compresa, ha origini lontane e qualche professore dovrebbe essere chiamato a risponderne. Ma, al di là degli effetti congiunturali della situazione attuale, che ha indubbiamente anche aspetti molto negativi (basta guardare lo “sboom” turistico di questo Ferragosto), mi sembra un po’ fuorviante la caccia all’untore appena cominciata alla deflazione. Vi ricordate i ripetuti allarmi lanciati giustamente dagli addetti ai lavori e dai mass media quando l’inflazione viaggiava a due cifre? Mi sembra che lo stesso sensazionalismo si registri adesso con i primi segnali di deflazione. Per le ragioni che ho esposto, non è invece detto che l’attuale situazione si riveli davvero un “boomerang”, a patto, ovviamente che il calo dei prezzi sia pilotato dal governo con il disco verde agli sgravi fiscali. Ma, forse, la diagnosi è troppo semplicistica e banale per i machiavellismi e le astruserie dei nostri economisti. E tutto finirà per andare ancora peggio.
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