Da mani pulite a mani sporche

AI TEMPI di Tangentopoli mi ero fatto una cultura, giornalisticamente parlando, su come funzionavano le mazzette: fiumi e fiumi di parole su usi e costumi di coloro che erano soliti “ungere” ai margini dei grandi appalti pubblici. Sono trascorsi oltre 20 anni da quella crociata di Mani Pulite ed è stato tutto inutile: le mani […]

AI TEMPI di Tangentopoli mi ero fatto una cultura, giornalisticamente parlando, su come funzionavano le mazzette: fiumi e fiumi di parole su usi e costumi di coloro che erano soliti “ungere” ai margini dei grandi appalti pubblici. Sono trascorsi oltre 20 anni da quella crociata di Mani Pulite ed è stato tutto inutile: le mani restano sporche, anzi sono più sporche di prima. E, in fin dei conti, anche l’olio usato per muovere gli ingranaggi è sempre lo stesso: c’erano i lingotti ai tempi di Poggiolini, ci sono i lingotti d’oro pure oggi. Il tesoro delle anime nere di Palazzo Marino è proprio da nababbi, secondo quanto reso noto dalle forze dell’ordine: 32 lingotti di un chilo per un valore di 32mila euro l’uno. Davvero un bel gruzzolo. Semmai adesso si usano anche altri mezzi che, diciamo così, appaiono meno scontati: la Guardia di Finanza di Milano ha così sequestrato anche 120 preziosi tra gioielli e monili. Per non parlare di orologi del valore tra i 10mila e i 20mila euro ciascuno. Insomma, un vero tesoretto alla faccia dell’austerità e dei tempi magri. E, allora, mi sono ricordato degli umili impiegati pubblici dei tempi di De Amicis: nell’Ottocento si chiamavano travet, adesso, tra i tanti lavoratori onesti, ci sono le pecorelle smarrite: più che nere sembrano d’oro. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net