DA VECCHIO ALPINO ABRUZZESE, Franco Marini s’alzava, fiero, di dieci centimetri d’altezza quando lo chiamavano “lupo marsicano”. Ma oggi Bersani – e chi si è schierato con lui – gli ha fatto fare la figura della pecorella smarrita, una pecorella gettata in pasto a fiere ben più fameliche del lupo, che l’hanno sbranata in poche ore. La politica (con la “p” minuscola) ha dato prova, ancora una volta, a quale livello di pressappochismo e confusione sia arrivata. Una scelta, quella del successore di Napolitano, che poteva essere ponderata almeno dall’inizio dell’anno, è stata, colpevolmente, presa all’ultimo momento, tra veti e controveti, con risultati disastrosi per tutti.  È stata l’ennesima figuraccia per l’Italia sullo scenario europeo e non solo: abbiamo dimostrato, tanto per cambiare, una faciloneria e un dilettantismo che sconcertano e disorientano.

DA MESI, ormai, il Paese è allo sbando, direi quasi alla deriva, in attesa di un cambio di rotta che, giorno dopo giorno, diventa sempre più un miraggio. Ci siamo ripetuti mille volte che la corsa al Quirinale sarebbe stata determinante per il varo del nuovo governo che, nel frattempo, aspettiamo ormai da 60 giorni. Eppure i nostri leader non sono riusciti, in questi due mesi, che a parlarsi addosso, senza combinare nulla di buono, tutti presi dal loro risiko personale di occupazione, ad oltranza, dei ruoli di potere disponibili, utilizzando obsolete formule politiche del secolo scorso. Il Capo dello Stato uscente — fallito il mandato esplorativo affidato al segretario del Pd — ha cercato di salvarsi in corner con la favoletta dei saggi che, come era facile prevedere, si è rivelata un “éscamotage” per guadagnare tempo, senza veri risultati pratici.

SIAMO ALLA FARSA FINALE: oggi i capetti politici, che hanno sulle loro coscienze il destino dell’Italia, si trovano costretti a cercare un nuovo nome di grande prestigio — penso, tanto per capirci, a un personaggio come il presidente della Bce, Mario Draghi, indicato dal sottoscritto in tempi non sospetti — che sia ancora in grado di salvare il Paese e soprattutto le loro facce. E, dal momento che faranno di nuovo cilecca, ecco aleggiare, di nuovo, il nome di Prodi: cosa farà, a quel punto, il Pdl? Speriamo di non essere fuori tempo massimo: in ogni caso gli italiani non meritano, davvero, di essere governati così male. Mi auguro anche che, a questo punto, Bersani si faccia da parte: la mancanza di lucidità che ha dimostrato, ben prima delle elezioni di febbraio, non è più cancellabile, e i suoi non potranno che prenderne atto. Il problema è che l’immobilismo e gli errori di queste settimane hanno finito per alimentare ancora di più quell’antipolitica dilagante, imbastita di demagogia, che ha partorito tanti gattini ciechi, sovrastando ogni ragionamento possibile con la gogna e le grida di una piazza sempre più insaziabile. Siamo passati dalla padella alla brace e lì, per adesso, restano a bruciare tutte le nostre speranze in un fumo che diventa sempre più nero.

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