Cuochi di bordo

IL CARDINALE Gianfranco Ravasi, grande biblista ma anche attento osservatore della società moderna, parlando ai giovani riuniti alla Bagnaia per l’ormai tradizionale convegno “Quotidiano in classe. Crescere tra le righe”, ha ricordato una frase di Søren Kierkegaard che spiega in maniera esemplare la situazione caotica in cui versa, oggi, il nostro Paese, senza più bussole […]

IL CARDINALE Gianfranco Ravasi, grande biblista ma anche attento osservatore della società moderna, parlando ai giovani riuniti alla Bagnaia per l’ormai tradizionale convegno “Quotidiano in classe. Crescere tra le righe”, ha ricordato una frase di Søren Kierkegaard che spiega in maniera esemplare la situazione caotica in cui versa, oggi, il nostro Paese, senza più bussole e punti di riferimento: «La nave è ormai in preda al cuoco di bordo e ciò che trasmette al microfono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani». La metafora del filosofo danese fotografa nitidamente la situazione d’oggi: senza più valori, perdiamo di vista i veri obiettivi e finiamo per affidare la rotta della nostra nave al primo che capita, anziché ai buoni maestri, ricchi di visioni, che, soli, sono in grado di indicarci la via. Ravasi ha fatto, anche, una certa autocritica, ammettendo che, nella Chiesa moderna c’è qualche cuoco di troppo.

EPPURE soprattutto in questo momento, l’Italia, a cominciare dai giovani, ha bisogno di vedere traguardi giusti e obiettivi condivisi, per sconfiggere l’appiattimento generale in cui sono precipitate le nostre coscienze. Credo che il cardinale abbia lanciato un sasso importante: laici e cattolici, credenti e non credenti, debbono riconoscersi in esempi e figure che ci possano fare ritrovare, al più presto, la rotta giusta. Mi sono venuti in mente tre religiosi, che in maniera esemplare, hanno occupato le cronache di questi giorni: don Andrea Gallo, il prete di strada scomodo, scomparso l’altro giorno a Genova, don Pino Puglisi, il sacerdote che ha combattuto la mafia ed è stato beatificato ieri – a vent’anni dalla morte avvenuta per mano dei boss Graviano -, e Giovanni XXIII, il Papa buono, a mezzo secolo dalla morte. Pur così diversi tra loro, questi sacerdoti sono stati dei veri Comandanti in grado di superare dubbi, angosce e difficoltà, soprattutto nei momenti in cui è facile abbandonarsi alla disperazione.

CERTO, non ho condiviso molte battaglie di don Gallo, ma debbo riconoscere che c’è un grande bisogno di questi preti di frontiera per ridare una speranza a tanti che vedono sfuggire dalle mani un futuro dignitoso. Per non parlare del grande Roncalli. Finalmente, dopo qualche tentativo di sminuire l’importanza del Concilio Vaticano II, il riconoscimento dei meriti particolari del Papa bergamasco è pressoché unanime: qualcuno nota, anzi, diversi punti di contatto tra Giovanni XXIII e Papa Francesco. Oggi, insomma, ci vorrebbe un grande Concilio laico, che rigeneri le nostre appannate coscienze e ci permetta di ritrovare una luce di speranza nella confusione che ci circonda. Non possiamo più fidarci di qualche modesto cuoco di bordo. Con tutto il rispetto per gli chef.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net