Crediti illimitati

L’ormai ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, da medico (e sarebbe stato molto meglio per lui se non avesse abbandonato la professione di Ippocrate…) avrebbe dovuto chirurgicamente evitare qualsiasi intoppo, o presunto tale, nella vita di primo cittadino. Invece, dopo avere scansato, per un soffio, la valanga di Mafia capitale, è scivolato sulla più classica […]

L’ormai ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, da medico (e sarebbe stato molto meglio per lui se non avesse abbandonato la professione di Ippocrate…) avrebbe dovuto chirurgicamente evitare qualsiasi intoppo, o presunto tale, nella vita di primo cittadino. Invece, dopo avere scansato, per un soffio, la valanga di Mafia capitale, è scivolato sulla più classica delle bucce di banana: i rimborsi-spese e le carte di credito istituzionali che sono diventate trappole per i politici, diciamo così, poco accorti. Il buon Ignazio, che, negli ultimi tempi non ne ha davvero azzeccata una, ricevendo pure l’anatema di un tipo, all’apparenza tranquillo, come Papa Francesco, potrà dire che, contro di lui, c’è stata una congiura di palazzo (ha ragione il Vaticano: restano solo macerie), ma carta canta e la carta di credito attesta tutte le spese istituzionali del nostro. Non solo: il tardivo tentativo, in piena zona Cesarini, di restituire ventimila euro si è rivelato un vero e proprio “boomerang”, perché ha confermato che la congiura era, semmai, stata ordita da quel piatto di spaghetti cacio e pepe mangiati nella trattoria sotto casa a spese della collettività.

In effetti dai tempi di Tangentopoli, viene sempre ammannita la solita minestra: i politici gridano allo scandalo quando qualche tesoriere fa un po’ la cresta ai conti, tutti si dichiarano puliti ed onesti, ma, puntualmente, qualcuno ci casca e se non è il conto in trattoria, può, magari, essere un paio di mutande per proteggere le terga di qualche presidente.

Meglio, quindi, stare lontani dalle carte di credito, ricettacolo di tante tentazioni, che vengono date (perché poi?) ai sindaci e non solo. Lo sanno bene altri primi cittadini, come Giuliano Pisapia a Milano e Piero Fassino a Torino, che, quando sostengono spese nell’interesse della città, le anticipano di tasca propria e le mettono poi nelle note-spese, come è giusto che sia.

Il nostro è un Paese davvero strano: come scriveva giustamente giorni fa, su queste colonne, il presidente del Gruppo Misto alla Camera, Pino Pisicchio, usiamo sempre due pesi e due misure. Da una parte spariamo sempre ad alzo zero, senza alcuna distinzione, sui parlamentari mentre dall’altra siamo quasi disinteressati, almeno fino a ieri, all’uso disinvolto delle carte di credito di sindaci, assessori, amministratori e compagnia bella. Una proposta: perché, allora, non le aboliamo, una volta per tutte?

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net