I CINESI mi sono simpatici anche perché, da qualche mese, vivo nel quartiere cinese di Milano e quando, al mattino, faccio la solita passeggiatina, mi sembra di essere a Chinatown, tanto che ho riempito la casa di porcellane e di oggettini dell’Estremo Oriente. Ho, quindi, accolto con soddisfazione la notizia che, a Pechino e dintorni, è scoppiata la rivolta sul web contro i mangiatori di carne di cane. Finalmente, una sana rivolta per una giusta causa, soprattutto nei giorni del solstizio d’estate quando, a Yulin, va in onda un festival che offre ai visitatori piatti a base di dog vero. Sono contento perché ricordo ancora un pranzo ufficiale a Pechino, con una delegazione italiana guidata da Giulio Andreotti e Marisa Bellisario (io tra i giornalisti al seguito), in cui scoprimmo con raccapriccio che, nel menu, era prevista una testina dell’amico a 4 zampe. Allora non c’erano la Brambilla e le crociate animaliste. Ma la prospettiva di papparmi un pezzetto di Fido – quando in Italia mi aspettava “Scoop”, il mio cagnone che oggi non c’è più -, mi aveva fatto scappare dal ricevimento a dispetto della mia fame atavica.