SOLO POCO tempo fa il governo aveva annunciato, con grande enfasi, la bella scoperta del tesoretto. Magnum gaudium: un surplus di 1,6 miliardi di euro nelle casse dello Stato. Visti i tempi, tanto lo stupore e ancora più grande la gioia da parte dei contribuenti: finalmente il peggio è passato, ci siamo detti. Renzi & C. avevano anche cominciato a discettare sul miglior modo di utilizzare il gruzzolo. Discorsi al vento perché è arrivata la sentenza della Consulta che impone al Palazzo di restituire il maltolto: quei soldi che il governo Monti – grazie alla Fornero -, aveva inopinatamente prelevato dalle pensioni degli italiani con il blocco degli adeguamenti. Se la Corte Costituzionale ha fatto bene a correggere un provvedimento sbagliato, adesso, però, bisognerà trovare i fondi per pagare tutti gli arretrati ai pensionati penalizzati. Una somma enorme perché, per effettuare una correzione completa (come sarebbe legittimo aspettarsi) ci vorrebbero la bellezza di 14,5 miliardi.

SI FINIRÀ, così, per trovare la solita soluzione all’italiana: da una parte si stabilirà una soglia massima oltre la quale non sarà previsto il rimborso, dall’altra, visto che i soldi latitano, ecco profilarsi un nuovo contributo di solidarietà, un bel prelievo tanto per gradire, da applicarsi agli assegni più alti, quelli sopra i 5mila euro lordi al mese. Insomma, dopo il danno la beffa: per restituire le somme ingiustamente sottratte ai pensionati, lo Stato finirà per chiederne altre a quei titolari di pensioni più elevate già colpite dalla Fornero. Un’ingiustizia dopo l’altra.

C’È, POI, un’altra considerazione: se i governi della Provvidenza, come doveva essere quello guidato da Mario Monti dopo il disastro-spread di Berlusconi, finiscono per danneggiarci anche a distanza di anni, evitiamo, in futuro, di ricorrere ancora ai cosiddetti tecnici: bastano e avanzano i precedenti dell’esecutivo con il loden. Il problema è che, anche in questo caso, i responsabili non pagheranno per i danni causati. Lo faranno, invece, i soliti noti: cornuti e mazziati. L’esecutivo dei professori si è, infatti, ritirato da tempo in buon ordine, ma anche se fosse ancora in carica, nessun ministro colto in fallo lascerebbe l’incarico di sua iniziativa.

IN EFFETTI, senza gridare al lupo, tranne qualche eccezione (nomen omen: Maurizio Lupi), in Italia l’istituto delle dimissioni è davvero tabù. Succedeva ieri, succede anche oggi come insegna il caso dei black bloc che assaltano il centro di Milano senza che il ministro degli Interni faccia una piega. Anzi, a suo dire, è andata benissimo. Mah, ancora una volta dovremmo prendere esempio dalla mitica Albione: a Londra gli oppositori di Cameron hanno lasciato la loro poltrona poche ore dopo la sconfitta.
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