LO CONFESSO, mi sono trovato spesso in rotta di collisione con il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. Ma, oggi, sono perfettamente d’accordo con lui quando dice che abbiamo passato un anno a parlare dell’Imu e, nel frattempo, sono svaniti centinaia di migliaia di posti di lavoro. Come non dargli ragione? La telenovela sull’imposta per la prima casa ha riempito pagine e pagine di giornali, come se, da quella tassa, dipendesse il futuro dell’Italia: senza il prelievo, saremmo usciti dall’inferno, altrimenti avremmo rischiato di bruciare in modo definitivo. Imu o non Imu, questo era il problema… E, intanto, tutti presi dall’amletico dubbio, ci siamo, colpevolmente, dimenticati del mondo delle imprese: dal gennaio del 2012, in pratica dall’inizio del governo Monti, continuiamo a insistere sulla necessità di passare alla “fase due”, quella, cioè, dello sviluppo, per aiutare le imprese in difficoltà e per incentivare la ripresa dell’occupazione, soprattutto giovanile.

DA ALLORA, però, è successo ben poco: ci siamo concentrati solo sulla cura dimagrante, peraltro più che necessaria, per ridurre il peso del debito pubblico, con il risultato che i tagli alla spesa sono serviti, finora, a ben poco, mentre il riavvio della crescita è sempre rinviato alle calende greche, senza allusione alcuna al dramma di Atene.

LO STOP alla rata dell’Imu sulla prima casa è una notizia, comunque, positiva perché rimetterà (come spiego in seguito, solo in teoria) un tesoretto di due miliardi di euro nel circuito virtuoso dei consumi delle famiglie, anche in vista degli acquisti per il prossimo Natale. Ma, a parte il fatto che c’è stato, dall’inizio d’ottobre, l’aumento di un punto percentuale dell’Iva, con un effetto-boomerang non di poco conto, il premier Letta ha ammesso, venerdì scorso, che continua a mancare, per ora, la copertura finanziaria di quei soldi lasciati nei portafogli degli italiani con la mancata riscossione della seconda rata dell’Imu sull’abitazione principale. Siamo alle solite: se non si prende da una parte, si dovrà prendere dall’altra. E, infatti, in queste ore, si è, dapprima, accennato alla necessità di un’ulteriore stangatina sulle imprese, aumentando l’anticipo su Ires e Irap, poi qualcuno nei dintorni di Palazzo Chigi, si è reso conto dell’assurdità della proposta. A quel punto, si è spostato il tiro sulle banche, suscitando l’immediata reazione dell’Abi.

DI QUESTO PASSO – ipotesi che qualcuno ha già adombrato – si finirà per ricorrere all’ennesimo intervento sulle accise che gravano sulla benzina, con la conseguenza che, sul fronte dei consumi, si toglierà con una mano quello che si è dato con l’altra. Come in un tragico gioco dell’oca, siamo, ancora una volta, al punto di partenza. Fortunatamente, il presidente della Bce, Mario Draghi, che non si scorda mai di essere italiano, ci ha aiutato ancora una volta riducendo, di nuovo, il costo del denaro. È proprio questa la vera notizia positiva del week-end.
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