TANTI ANNI FA, Leopoldo Pirelli mi spiegò, in dettaglio, perché il suo gruppo fosse l’unica e vera multinazionale italiana. Mi sono ricordato ieri delle parole dell’Ingegnere, proprio nel giorno in cui è stato annunciato che metà della Camfin, la cassaforte che controlla la Pirelli, parlerà russo dopo l’accordo tra i grandi azionisti della Bicocca, a cominciare da Marco Tronchetti Provera, e la compagnia petrolifera Rosneft che, nell’operazione, investirà qualcosa come 552,7 milioni, una bella iniezione di liquidità.
Certo, a qualcuno, un po’ anche al sottoscritto, può non fare molto piacere la consapevolezza che un altro pezzo d’argenteria della nostra industria, come la Fiat, sia, adesso, meno italiana, ma, in un momento di crisi in cui tutti si lamentano del fatto che i capitali esteri non investono più nel Belpaese per andarsene altrove, lo sbarco russo non deve essere giudicato negativamente, anzi. Del resto, già oggi il 43% del capitale del colosso delle gomme è in mano ad azionisti internazionali, asiatici, dell’Europa del Nord e soprattutto, americani che, da parte loro, controllano più del 20%. Con l’arrivo dei russi, il 56 per cento della Pirelli e’ in mano agli stranieri.
In fin dei conti, Marco Tronchetti Provera ha messo a segno due bei colpi. Il primo: nel suo piccolo, ha riunito allo stesso tavolo gli Stati Uniti di Obama e la Russia: davvero un bel risultato con la situazione in corso in Ucraina. Non dimentichiamo, infatti, che il presidente della Rosneft. Igor Sechin, era stato agente del Kgb e, addirittura, capo dello staff di Putin. Poi, in un’intervista al Qn-Giorno di pochi mesi fa, il presidente della Pirelli anticipava la sua volontà di andare in pensione, superato il giro di boa dei 70 anni, perché sognava di girare in barca per il mondo. Detto e fatto: nell’accordo con Mosca, è definito chiaramente che il presidente della Pirelli resterà al timone del gruppo fino al 2019. Sta mantenendo, tutto sommato, la promessa.
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