MIO NONNO diceva sempre che il “13” e il “17” sono numeri sfortunati e che gli anni bisestili non portano bene. In questo 2013 che finisce oggi, mi sono spesso ricordato di quanto diceva nonno Agostino, che sarà anche stato un po’ superstizioso, ma possedeva quella saggezza campagnola che manca al sottoscritto. In effetti, è una fortuna che stasera liquideremo il Vecchione, bruciandolo in piazza, perché il 2013 è stato peggio di molti anni veramente bisestili. Dodici mesi fa, pensavamo di avere superato il giro di boa: ci dicevano che la crisi era ormai finita e che, con le nuove elezioni politiche di febbraio, sarebbe cambiato tutto. Oggi ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano. L’economia non è mai ripartita, a un governo Monti, che ha solo tagliato senza favorire la ripresa, è succeduto un governo Letta che ha, finora, fatto altrettanto, se non peggio.

CI RITROVIAMO con meno lavoro, meno occupati, più tasse (anche se gli artigiani di Mestre dicono il contrario), rincari a getto continuo, prospettive di crescita sempre più limitate. Le grandi novità del 2013 si sono dimostrate una delusione: il fenomeno dei grillini in Parlamento non ha provocato alcuno scossone positivo e anche l’effetto-Renzi è tutto da dimostrare. In compenso, al Quirinale è stato riconfermato l’ultra-ottantenne Napolitano, in mancanza di valide alternative. Siamo stati inondati di promesse: quando abbiamo rilevato come alle parole non seguissero mai i fatti, ci hanno tacciato di essere disfattisti, ma adesso, purtroppo, la verità è sotto gli occhi di tutti.

MORALE DELLA FAVOLA, brindiamo al 2014 con gli stessi problemi di un anno fa e con l’aggravante che, nel frattempo, sono diventati ancora più insormontabili dato lo spreco di tempo prezioso. Molti danno la colpa all’Europa per l’“impasse” in cui ci troviamo: Bruxelles non ha certo fatto granché per aiutare l’Italia, ma il gioco dello scaricabarile è sbagliato. È giunto il momento di assumerci le nostre responsabilità. Per queste ragioni, concediamo una prova d’appello a Letta: o riesce a raddrizzare la baracca nei prossimi mesi – con questo governo di larghe intese che, in realtà, dopo le ultime defezioni, è diventato di labili intese -, oppure è molto meglio tornare subito alle urne. Anche se, come abbiamo visto, non è affatto scontato che il ricorso alle urne sia sempre salvifico.
P.S.: a proposito di rincari, da giovedì anche il “Giorno” sarà costretto ad aumentare il prezzo di vendita di dieci centesimi. Una scelta dolorosa ma inevitabile per essere in grado di offrirvi un prodotto di qualità, all’altezza della tradizione d’indipendenza del nostro giornale. E dal 2 gennaio ancora più ricco. Saremo, comunque, ancora più competitivi perché alcuni dei nostri principali concorrenti saranno costretti a salire a 1,40 euro. Anche per questi motivi, speriamo tutti in un 2014 migliore. Non arrendiamoci e auguri.
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