A SETTANTA anni dal 25 luglio 1943, abbiamo letto, in questi giorni, tanti articoli su Dino Grandi, il protagonista del Gran Consiglio dei lunghi coltelli di quella notte che ha decretato la fine della dittatura in Italia. Ma se Grandi è stato, scusandomi per il gioco di parole, il grande frondista del duce, altri gerarchi hanno avuto un ruolo di primo piano nel tramonto di Benito. L’antesignano è stato Leandro Arpinati, romagnolo di Civitella, che già nel 1933 prese le distanze da Mussolini dopo essere stato suo braccio destro della prim’ora. Pochi rammentano che, allontanato da Mussolini nel 1933, Arpinati finì al confino. Avendo capito prima degli altri che l’abbraccio di Hitler sarebbe stato mortale per il fascismo, cercò di sondare la possibilità di una pace separata con gli Alleati coinvolgendo, senza successo, il principe Umberto di Savoia. Paradossalmente, venne, invece, ucciso dai partigiani (o sedicenti tali), all’indomani della liberazione di Bologna assieme al socialista Torquato Nanni, il compagno di una vita. Penso sia giusto ricordare anche questo contestatore ante-litteram del duce.