LA STAFFETTA tra Montezemolo e Marchionne alla ricerca della rossa perduta, mi ha fatto tornare in mente un grande personaggio che ha avuto un ruolo importantissimo nella Ferrari e nella Fiat degli anni Ottanta, Vittorio Ghidella. Mi sono chiesto: se l’ingegnere fosse restato per qualche anno ancora alla guida di Maranello e del Lingotto, quale sarebbe stata, poi, la situazione della casa modenese, da sempre numero uno al mondo del “Made in Italy”? Ho anche girato il mio dubbio a qualcuno che se ne intende e la risposta è stata secca: forse sarebbe andata diversamente.

LA RAGIONE è semplice: Ghidella, che aveva guidato sia la Ferrari che Mirafiori, a differenza di molti altri, era, infatti, un profondo conoscitore del prodotto auto. Allontanato dall’avvocato Agnelli dopo un lungo braccio di ferro con i vertici, la Fiat perse un talento forse unico: anche oggi, molti addetti ai lavori sostengono che, da allora, Torino non ha più prodotto modelli di altrettanto successo. L’analisi è davvero giusta? Sinceramente non lo so, posso solo dire che Ghidella, in un’intervista che rilasciò tanti anni fa alla rivista “Fortune”, mi fece una grandissima impressione: pragmatico e di poche parole, il padre della “Uno” mi confermò in diretta come davvero se ne intendesse di prodotto. Un’ultima riflessione: trattando il tema più in generale, la crisi della nostra industria è stata favorita anche dal ribaltamento di certe abitudini, vecchie finché si vuole, ma tuttora valide: oggi, in molti casi, si sta affermando una nuova generazione di manager che parlano tanto a scapito, talvolta, del prodotto che confezionano. Insomma, ci mancano davvero tanto uomini laconici come Ghidella.
[email protected]