Aboliamo le province

FABRIZIO SACCOMANNI ha lanciato una parola di speranza a quest’Italia agonizzante: il ministro dell’Economia, in un’intervista, ha affermato di vedere segnali positivi nell’aria, dal lieve recupero dell’attività industriale in maggio, alle aspettative delle imprese manifatturiere, alla piccola ripresa dell’export nei Paesi extra-Ue. Parla anche di aumenti dei consumi Enel, ma le cifre, a questo proposito, […]

FABRIZIO SACCOMANNI ha lanciato una parola di speranza a quest’Italia agonizzante: il ministro dell’Economia, in un’intervista, ha affermato di vedere segnali positivi nell’aria, dal lieve recupero dell’attività industriale in maggio, alle aspettative delle imprese manifatturiere, alla piccola ripresa dell’export nei Paesi extra-Ue. Parla anche di aumenti dei consumi Enel, ma le cifre, a questo proposito, sono controverse. Ad ogni modo, con la bella stagione sembra che qualcosa di nuovo stia arrivando nelle case degli italiani. Piccoli segnali positivi, forse prematuri, che trovano, però, qualche riscontro tra i principali addetti ai lavori che ho interpellato ieri: leggermente più ottimista mi è apparso il presidente dei banchieri (Abi), Antonio Patuelli, più cauto il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi, che continua a parlare di calo produttivo, anche se ridotto, mentre i consumi interni sono sempre in discesa. Il vento sta, forse, cambiando, ma, per dare un abbrivio diverso alla “nave Italia”, non può certo bastare solo qualche refolo: bisogna, finalmente, rafforzare tutte le misure destinate alla crescita.

SACCOMANNI enumera alcuni provvedimenti varati di recente – il rinvio della rata Imu sulla prima casa e quello sul previsto aumento dell’Iva -, ma si tratta, appunto, di semplici palliativi: cosa succederà in autunno quando le famiglie dovranno fronteggiare un carico fiscale senza precedenti? Anche perché, per sostenere le prime avvisaglie di ripresa, la famosa “fase due”, quella dello sviluppo, non potremo più contare sull’aiuto dell’Europa. Non solo: non sfuggiremo neppure, il ministro è stato chiaro, al famoso vincolo del 3% tra deficit e Pil. E allora? La strada percorribile è una sola: bisogna praticare subito nuovi tagli alla spesa pubblica, come è stato costretto ad ammettere lo stesso titolare di via XX Settembre. Ci sono ancora enormi spazi inesplorati di manovra e non è più lecito caricare sulle famiglie (almeno, quelle che pagano le tasse) le macroscopiche inefficienze e le tante dissipazioni del pachiderma-Stato.

AD ESEMPIO, perché non si rispolvera immediatamente il progetto di riassetto delle province che continuano a costare qualcosa come 20 miliardi l’anno? Già il governo Monti stava per attuare una notevole riduzione delle amministrazioni provinciali – risparmiando, così, qualche miliardo – , con un piano del ministro Patroni Griffi che fa parte oggi, pure dell’esecutivo Letta. Quella semplificazione andò in naftalina con le dimissioni dell’ex Supermario, perché non è stata già rispolverata e magari trasformata in qualcosa di più coraggioso e radicale come l’abolizione totale?

ALMENO la vecchia proposta poteva servire a contenere le spese e consentiva di razionalizzarle in modo intelligente (è il caso della Provincia unica di Romagna). Cosa aspetta Patroni Griffi a riprendere la riforma che, poi, era una sua creatura? E perché non procedere anche alla fusione di molti piccoli Comuni che, di questi tempi, non hanno oggettivamente più alcuna ragione di esistere? Forse qualche intervista in meno e qualche azione concreta in più non guasterebbe davvero.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net