Il senso della musica italiana per Danilo Dolci

“Vince chi resiste alla nausea”. Solo certe uscite così, di Emidio Clementi, tra basso e batteria, sono in grado di scuoterti. Sono tornati i Massimo Volume. “Le cattive abitudini”, il loro penultimo album che arrivava al termine di una reunion agognata e sospirata dai fan, sono in archivio. “Aspettando i barbari” è l’ultimo capitolo di […]

“Vince chi resiste alla nausea”. Solo certe uscite così, di Emidio Clementi, tra basso e batteria, sono in grado di scuoterti. Sono tornati i Massimo Volume. “Le cattive abitudini”, il loro penultimo album che arrivava al termine di una reunion agognata e sospirata dai fan, sono in archivio. “Aspettando i barbari” è l’ultimo capitolo di una band che ha fatto dello “spoken word” la sua ragione d’esistere – con un termine fin troppo abusato: il suo marchio di fabbrica – ma senza tralasciare la musica. Sono figli legittimi degli anni ’90. Di un post rock che sa emozionare e fa ancora sobbalzare il cuore.  E di una ricerca della parola che non si perde in un’autoreferenzialità per dimostrare quanto sono colti e bravi nel citare. Quella sopra è una citazione. Colpisce la forza di quella frase, soprattutto in questi tempi. E colpisce che i Massimo Volume siano andati a pescarla scartabellando (e leggendo naturalmente) il “Dio delle zecche” di Danilo Dolci che poi dà anche il titolo alla canzone che apre il loro nuovo album. Ecco, fa un certo effetto che sia la musica a ricordarsi – meglio e di più di chi dovrebbe – della figura di Dolci. Non più tardi di qualche mese fa, Cesare Basile, cantautore, aveva costruito la canzone “Sotto i colpi di mezzi favori”, lavorando sulle parole di Dolci. Quando si ha poca dimestichezza col concetto (altissimo) di nonviolenza, bisognerebbe ritornare alle opere, alle parole e alle pratiche di Dolci. Lui è l’uomo dello sciopero alla rovescia.  A Partinico, in provincia di Palermo,  era il 1956, con la Costituzione in mano, impugnando l’articolo 4 che troppo spesso ci si dimentica (“lo Stato dovrebbe garantire lavoro e condizioni umane di lavoro”), assieme a disoccupati siciliani risistemò una strada che era stata abbandonata dalle istituzioni. La storia è nota: Dolci fu processato per questo e venne difeso da Piero Calamandrei. I Massimo Volume col “Dio delle zecche”  colpiscono forte allo stomaco. Non è una canzonetta. Ed è meglio che sia così.

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