C’era una volta il new acoustic movement. Un movimento per necessità, più che altro per catalogare in fretta chi si muoveva allora, era la fine degli anni novanta, sulle coordinate tracciate trent’anni prima più da Paul Simon che Art Garfunkel o addirittura da Nick Drake. I Belle and Sebastian erano i capofila, sempre mantendosi in un percorso didascalico, di quel movimento. Canzoni che uscivano dalla cameretta, perché si arricchivano di inserti elettronici, di archi, ma senza arrivare al punto di essere così barocche da provocare un’indigestione. Tanto è vero che, al netto della nostalgia, si torna sempre volentieri a riascoltare Tigermilk, il loro primo disco che – detto per inciso e sempre che a qualcuno interessi – è anche il mio nickname preferito, con cui ho costruito anche fantastiche squadre di fantacalcio. Basta con le digressioni. I Belle and Sebastian sono stati capaci almeno per una quindicina di anni di non steccare quasi mai a ogni uscita di un nuovo disco, anche se probabilmente si sono fermati a “Dear Catastrophe Waitress” datato 2003 e quindi dieci anni fa. Comunque, i Belle and Sebastian erano diventati a loro modo classici, imponendo anche dinamiche da collezionisti. Perché con i loro primi dischi, facevano uscire degli ep (extended play) che non erano solo merce di risulta che non era entrata nel disco. Era roba buona e per chi non ci si fosse imbattuto, può sempre correre ai ripari, ascoltandosi “Push the barman to open old wounds” (2005) che raccoglie tutte le canzoni degli ep. Vale la pena. Senza dimenticare la scelta delle copertine, veri pezzi da collezione. Ecco il punto ora, a tre anni dall’uscita dell’ultimo album di inediti (“Write about love”), arriva questo “The third eye centre” che, purtroppo, si farà ricordare più per la bellezza (ancora) della copertina e per i tre remix che recuperano tre pezzi vecchi: “I’m a cuckoo”, ascoltatelo per favore e dite se non vi regala almeno per un istante il cuore e la testa più leggeri di fronte all’ennesima giornata di lavoro o al ritorno in ufficio dopo le ferie estive, e ancora – si perdoni l’azzardo – i remix di  “Your Cover’s Blown” e “I didn’t See it Coming” che non hanno nulla da invidiare all’ultimo disco dei Daft Punk. L’entusiasmo – nonostante le virate africane alla Paul Simon e quelle con echi da tropicalia – finisce qui. Roba da collezionisti, appunto. Ma lasciare sguarnito anche l’ultimo piccolo spazio dell’angolo della scaffalatura dedicata ai Belle and Sebastian, sarebbe comunque un peccato per chi l’ha riempito con parsimonia in tutti questi anni.