Firenze, 31 gennaio 2022 – Vincono ex aequo, per il mese di gennaio 2022, con un’ampia messe di commenti, Carlo Betocchi (che ieri abbiamo festeggiato) e Giorgio Caproni, rispettivamente con Auguri a Carlo BetocchiL’amore d’inverno. Giorgio Caproni. Al secondo posto ancora poesia italiana, ma al femminile, con l’argento assegnato a Cristina Campo con il post La clessidra capovolta. Cristina Campo. Nuovamente un ex aequo invece al terzo gradino del podio, condiviso tra Franco Loi e Camillo Sbarbaro (Come me piase el mund! Franco Loi e Il risveglio di Camillo Sbarbaro).  Ne deriva una cinquina di validissimi autori italiani, con cinque testi di indiscusso rilievo che la vostra sensibilità e la vostra intelligenza di lettori affezionati non hanno esitato ancora una volta a rilevare.

Tra i commenti su Giorgio Caproni che oggi omaggiamo segnaliamo quelli di Giacomo Trinci, Antonietta Puri e Arianna Capirossi. Rispettivamente: “Questo tratto dal Passaggio di Enea, 1945, evidenzia quella “disperata tensione metrica”, come scrive l’autore stesso nella nota, al cuore della partitura di tutta l’opera sua. Al centro della sua ispirazione stilistica, come già notava Raboni, c’è il continuo alternarsi di “durezza” e “fluidità”, icastica verticalità, e orizzontale .Questo oltre-sonetto di Caproni, tratto dal Passaggio di Enea, 1945, evidenzia quella “disperata tensione metrica”, come scrive l’autore stesso nella nota, al cuore della partitura di tutta l’opera sua. Al centro della sua ispirazione stilistica, come già notava Raboni, c’è il continuo alternarsi di “durezza” e “fluidità”, icastica verticalità, e orizzontale legamento sintattico. Ecco, questa è la musica che il poeta stesso ritrovava nei sublimi ultimi quartetti di Beethoven: nell’opera 131, ascoltata nel giorno dei funerali di Elsa Morante. Pensiero-musica, o musica-pensiero che qui lega Amore e Morte: il legame musaico dell’Amore, e l’irta rottura della Morte, la frattura cupa, la verticale improvvisa. Le due grandi ali del pensiero poetante di Caproni, in questa sua fase”compatta”, strofica, sono tenute insieme: presto, invece, prenderanno a staccarsi e l’una, quella dura, irta, epigrammatica costituirà il suo gesto finale, secco, puro. Stacco di pura musica mentale”; “”Siamo ancora lontani di una decina o più d’anni dal “Congedo del Viaggiatore cerimonioso” in cui Caproni, in un’immagine che è la più emblematica della sua poesia, veste i panni di chi viaggiando, con dolore ma anche con lieve sarcasmo, per appressarsi sempre più al suo termine, attraversa la vita in vari modi e con vari mezzi, attraverso scali e soste, transitando per paesaggi, che esprimono impressioni e sentimenti. Ma già in “Alba”, a parte la diversità dello stile poetico quasi prosastico, a monoblocco, senza soste (o scali), con l’uso di quel linguaggio che mescola forme colte e popolari, sono già presenti alcuni elementi che saranno peculiari di tutta la tematica di Caproni: il mezzo di trasporto, il congedo che non è lontano dall’essere definitivo, il senso della morte suggerito dalle espressioni del freddo esterno di un’alba livida come un’ecchimosi e il sangue congelato come fosse marmo, quel marmo che fa pensare alla tomba. Invece, nel bar dove il protagonista attende l’arrivo della donna – che chiama più volte “Amore” e “Amore mio”, quasi fosse una formula esorcistica – c’è, in contrasto con l’evidente idea di morte, un gradevole odore e il tepore della vita che ferve. Il ritmo è incalzante. L’emozione è forte e va crescendo, manifestandosi in brividi e “stridore di denti”, forse anche in pianto: dai suoi occhi irritati dalla brina può essere scesa una lacrima che gli incrosta le palpebre di gelo; poi l’emozione si fa parossismo, quando il poeta si rende conto, nell’udire lo sferragliare del tram e l’aprirsi e il rinchiudersi della portiera, che nel mezzo non c’è alcuna presenza, non c’è la “sua” presenza; e questa mi sembra la metafora perfetta dell’inizio e della fine del viaggio chiamato vita, con l’acre consapevolezza che quanto dovrebbe trovarsi nel mezzo tra i due termini sia solo qualcosa di illusorio. Ma, nonostante tutto, il sole sorge ancora, “sgorgando” come sangue pompato da un cuore palpitante di chi, dopo un’ultima invocazione, ha ormai la certezza che la fine dell’attesa diventerà per lui l’inizio dell’attesa della morte”; “‘Alba’ è un suggestivo sonetto di Caproni, che rivisita lo schema metrico tradizionale della letteratura italiana con l’introduzione di variate corrispondenze rimiche o di assonanze, e con il costante ricorso all’enjambement. Il componimento descrive gli interminabili momenti di attesa dell’amata in un bar dimesso. Precisissima è la definizione delle percezioni: il freddo rigido dell’inverno accentuato dal marmo dei ripiani del bar su cui il poeta si appoggia; il rumore del tram che sosta alla fermata – a quell’ora deserta – aprendo e chiudendo meccanicamente le porte; il vibrare del bicchiere vitreo tra i denti, forse per risonanza con il passaggio del tram, o forse proprio per il gelo patito. A un certo punto, spunta il sole: ma non è segno di speranza nell’orizzonte del poeta, che già dispera di rivedere l’amata; è piuttosto simbolo del tempo che passa, giorno dopo giorno, e che ci avvicina alla morte. “Morte” è la parola conclusiva del sonetto, e si oppone alla parola di apertura, “Amore”: Caproni ha riproposto, calandolo in una situazione del quotidiano cittadino, solo apparentemente banale, il grande topos letterario di Eros e Thanatos”. “”Alba” è un suggestivo sonetto di Caproni, che rivisita lo schema metrico tradizionale della letteratura italiana con l’introduzione di variate corrispondenze rimiche o di assonanze, e con il costante ricorso all’enjambement. Il componimento descrive gli interminabili momenti di attesa dell’amata in un bar dimesso. Precisissima è la definizione delle percezioni: il freddo rigido dell’inverno accentuato dal marmo dei ripiani del bar su cui il poeta si appoggia; il rumore del tram che sosta alla fermata – a quell’ora deserta – aprendo e chiudendo meccanicamente le porte; il vibrare del bicchiere vitreo tra i denti, forse per risonanza con il passaggio del tram, o forse proprio per il gelo patito. A un certo punto, spunta il sole: ma non è segno di speranza nell’orizzonte del poeta, che già dispera di rivedere l’amata; è piuttosto simbolo del tempo che passa, giorno dopo giorno, e che ci avvicina alla morte. ‘Morte’ è la parola conclusiva del sonetto, e si oppone alla parola di apertura, ‘Amore’: Caproni ha riproposto, calandolo in una situazione del quotidiano cittadino, solo apparentemente banale, il grande topos letterario di Eros e Thanatos”.

Buona rilettura del bellissimo testo di Caproni e buona lettura di tutti i vostri commenti.

Marco Marchi

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