VEDI I VIDEO Tonino Guerra legge e commenta “L’aria” al Premio Letterario Castelfiorentino 2005 (da 2:08) , “Viaggio luminoso di una vita”, documentario  di Adrio Testaguzza , Le donne di Fellini , Piccola antologia poetica

Firenze, 16 marzo 2019– Ricordando che il 16 marzo 1920 nasceva a Sant’Arcangelo di Romagna Tonino Guerra.

Fu un’emozione grande premiare nel giugno del 2005 Tonino Guerra al Premio Letterario Castelfiorentino. Partito dalla sua casa di Pennabilli al confine tra Marche ed Emilia Romagna, al suo arrivo Guerra era già per suo conto emozionato: “carico”, “in fibrillazione”, come ci riferirono gli amici che con la moglie lo avevano accompagnato. Anche noi, nell’attenderlo, eravamo già emozionati, pronti semmai ad emozioni più forti e durature, consapevoli di ospitare uno dei personaggi della cultura italiana più rappresentativi ed internazionalmente noti, allora da poco premiato a Strasburgo come il miglior sceneggiatore europeo.

Fu una serata bellissima, indimenticabile. Convocati per l’occasione, gli attori Francesco Manetti e Luca Bondioli dell’Accademia Nazionale d’Arte drammatica Silvio d’Amico di Roma lessero dapprima stralci di testi dei premiati per l’inedito su tema toscano. Ricordo come fosse ora che il giovane vincitore milanese Valentino Ronchi, l’autore della bella suite di liriche Giugno vadese, tendeva l’orecchio all’ottimo Manetti che leggeva e interpretava, ma guardava ogni tanto Tonino Guerra che ascoltava attento in prima fila, mentre il Maestro faceva capire da come seguiva la lettura, da come commentava sottovoce con la moglie al fianco e da come alla fine applaudiva, che quelle poesie gli piacevano.

Applausi, consensi, emozioni. Ma il culmine della serata fu quando Guerra, accompagnato dalle note del Concerto Soirée di Nino Rota, salì sul palco, tra i flashes dei fotografi che si assiepavano, le mani di chi si complimentava con lui e tornava ad applaudirlo e le macchine un po’ ingombranti degli operatori televisivi. Tonino appoggiò sul tavolo d’onore dove era atteso qualche libro che aveva portato con sé e si avviò, spiazzando un po’ tutti, direttamente al leggio degli attori.

Raccontò affabilmente dei suoi incontri con Fellini e i registi, di episodi anonimi e marginalmente sapienziali della sua vita, di suo padre e di sua madre, della sua esperienza di romagnolo tra romagnoli nei campi di deportazione di Troisdorf, della magie orientali della cultura russa, di come dovunque, tra disagi e incanti, può nascere la poesia. E fu poi la sua inconfondibile poesia in dialetto santarcangiolese, appunto, a farsi protagonista. Sorprese e stupì La farfàla, che poeticamente aveva siglato la felicità e il naturale ritorno alla vita di Tonino dopo la prigionia di un lager; incantò il pubblico L’aria, che nell’originale in dialetto rappresentava il simbolo fonicamente efficiente della leggerezza dell’arte.

Gli testimoniammo, premiandolo tra nuovi applausi e nuove acclamazioni come poeta, che quel “poeta” era presente in tutta la sua opera, in tutte le forme di un operato letterario e artistico poliedrico, vasto e sempre di alto profilo. Gli dicemmo che un uomo in cerca di libertà come lui, nel corso di una vita così intensa e operosa, aveva sostanzialmente obbedito: obbedito ad un’unica chiamata dell’arte. Gli riconoscemmo pubblicamente alla fine, nella motivazione efficiale del premio, che Tonino Guerra aveva firmato un’opera straordinaria, umanamente preziosa: da solitario cacciatore in versi e in prosa di emozioni originarie, per avere l’impressione – come egli stesso aveva una volta dichiarato – di vivere con se stesso” e non altro. In realtà su quella strada Tonino Guerra aveva incontrato il mondo ed era riuscito a rendere anche per noi abitabili i suoi “luoghi dell’anima”.

Marco Marchi

L’aria



L’aria l’è ch’ la ròba lizìra
ch’ la sta datònda la tu tèsta
e la dvénta piò cèra quant che t’ róid.

L’aria

L’aria è quella roba leggera
che sta attorno alla tua testa
e che diventa più chiara quando ridi.

Tonino Guerra

(da I bu)

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