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Firenze, 23 agosto 2018 – Ricordiamo Paolo Volpani in occasione dell’aniversario della sua morte, avvenuta ad Ancona il 23 agosto 1994. La notorietà dello scrittore marchigiano è principalmente affidata alla sua attività di romanziere: titoli come “Memoriale”, “Corporale”, “La macchina mondiale” e “Le mosche del capitale” restano caposaldi della narrattiva del secondo Novecento. Ma Volponi è stato anche un poeta, e anzi proprio alla poesia si legano gli esordi della sua carriera letteraria: a partire dal 1948, anno della pubblicazione de “Il ramarro”, silloge nella quale residuale ermetismo e innovative istanze di tipo neorealista si intrecciano.
Le opere venute dopo (da “L’antica moneta” del 1955 a “Le porte dell’Appennino” di cinque anni successivo (Premio Viareggio di quell’anno) denunciano invece un progressivo, deciso avvicinamento a registri narrativo-poematici di preludio all’attività di romanziere. Dal punto di vista ideologico, “convinto della possibilità che la società industriale ha di evolversi in modo democratico, soprattutto durante gli anni della maturità – come è stato notato – Volponi vide nel comunismo il mezzo ideologico che le grandi e povere masse di uomini sfruttati dall’industria hanno per liberarsi dal giogo del capitalismo: ciò nonostante, egli considerò positiva l’industrializzazione che l’Italia stava attraversando negli anni cinquanta e sessanta, entrando per questo soventemente in polemica con Pier Paolo Pasolini, di parere opposto”.
Ma Paolo Volponi di Pasolini fu amico, e sullo schermo fu per l’amico scrittore-regista il prete cui confidentemente ma senza successo si rivolge Mamma Roma per trovare lavoro a suo figlio Ettore.
Marco Marchi
La Vergine
I sassi bianchi
sono le tue spalle
gli alberi la tua statura;
è la tua gola che batte
se una rosa si muove
non vista nel giardino.
Di’ pure al vento
di perdere il tuo canto
nella voce dei fossi,
al rosmarino
di chiudere i sentieri.
L’innocente starna
si leva alta sul bosco
e m’indica il tuo cammino.
(da “Poesie”, Einaudi 2001)
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