VEDI I VIDEO “Blues del profugo” , “Refugee Blues” , “September 1, 1939” , “Ritorno ad Auschwitz” con Primo Levi , “Coro dei superstiti” di Nelly Sachs , “Todesfuge” di Paul Celan letta dall’autore (con sottotitoli) , Omaggio ad Anne Frank

Firenze, 27 gennaio 2024 – Per non dimenticare, per sapere e per non dimenticare.

Dal sito Canzoni contro la guerra: Nei mesi immediatamente precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale Auden scrisse ‎alcune poesie contro il nazismo e l’orrore che si profilava all’orizzonte, anzi, che era già ‎chiaramente manifesto, per lo meno per chi voleva tenere gli occhi aperti. 

Il suo componimento più ‎celebre di quel periodo è sicuramente ‎‎September 1, 1939, dedicato ‎all’invasione della Polonia (qui tra i video allegati). In Refugee Blues invece Auden descrive in modo chiaro, ‎asciutto e drammatico la condizione degli Ebrei nell’Europa travolta dalla furia di Hitler, mettendo ‎altresì il dito in una piaga ancora oggi aperta, quella dell’indifferenza e addirittura del rifiuto che gli ‎Ebrei si videro opporre dalle ‘democrazie’ dell’epoca nel loro disperato tentativo di trovare rifugio ‎ed asilo, cosa che allora contribuì non poco a sottovalutare la portata dello Sterminio e che ‎contribuisce ancora oggi ad alimentare le vergognose tesi negazioniste o riduzioniste”.

Simbolo di questa tragica condizione subita, una foto risalente al marzo del 1939 in cui si vedono rifugiati ebrei della Cecoslovacchia espulsi, accompagnati dalla polizia britannica all’aeroporto londinese di Croydon.

Per non dimenticare, per sapere e per non dimenticare.

IL GIORNO DELLA MEMORIA
Si rinnovano di anno in anno in Italia e nel mondo le iniziative del «Giorno della Memoria», la ricorrenza in ricordo dell’Olocausto istituita in Italia nel 2000, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione su scala internazionale delle Nazioni Unite (2005). E’ stata simbolicamente fissata al 27 gennaio, il giorno, nel 1945, della liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. Una ricorrenza di alto significato civile ed educativo, un impegno per non dimenticare in cui istituzioni e scuola, dovunque, sono insieme. A questa grande testimonianza in difesa di valori umani allora così ferocemente calpestati (ma i diritti umani oggi nel mondo come sono rispettati?) prende parte la cultura in tutte le sue forme: non solo la ricerca storica con i suoi documenti e i suoi approfondimenti, ma anche la letteratura ed ogni altra espressione artistica, dalla musica alla arti figurative, dal teatro al cinema, secondo un’ampia gamma di appuntamenti coralmente tesi a farsi, per via di conoscenza, unitario messaggio a presidio dell’«umano».
Ne deriva un importante invito partecipativo di tipo societario rivolto a tutti. Ecco così ragazzi ed adulti, giovani e meno giovani, pronti a confrontarsi all’insegna della memoria con duri resoconti di fatti sconcertanti ma realmente accaduti, a riflettere su di essi e su tante situazioni di intolleranza, violenza e sopraffazione che ancor oggi nel mondo permangono e da vicino ci investono, a dare ascolto a moniti e richiami interiori che la loro evocazione suscita. Ed è nella letteratura e in ogni altra manifestazione dell’arte che a quelle tragiche vicende rimanda che l’idea stessa di «umanità» converge e culmina: in una sinergica sintonia di valore etico e formativo tra memoria, consapevolezza e speranza che rende sempre attuali ed operativamente utili, nel rifiuto del male e nella responsabile, condivisa costruzione del bene, i libri di Primo Levi, il celebre «Diario» di Anna Frank o i forse meno noti ma molto intensi versi del «Coro dei superstiti» di Nelly Sachs.

Marco Marchi

Blues del profugo

Diciamo che questa città ha dieci milioni d’anime,
alcune abitano in ville, altre in tuguri:
eppure non c’è posto per noi, mia cara, non c’è posto per noi.

Una volta avevamo una terra, la credevamo bella,
cerca nell’atlante e la troverai:
non possiamo andarci adesso, mia cara, non possiamo
andarci adesso.

Nel cimitero del paese cresce un vecchio tasso,
ogni primavera fiorisce tutto:
fiorire non sanno i vecchi passaporti, mia cara, fiorire
non sanno i vecchi passaporti.

Il console ha battuto il pugno sul tavolo e ha detto:
“Se non avete un passaporto siete ufficialmente morti “:
ma noi siamo ancora vivi, mia cara, siamo ancora vivi.

Mi sono rivolto a un patronato; mi hanno fatto sedere;
mi hanno gentilmente chiesto di tornare l’anno prossimo:
ma oggi dove andremo, mia cara, oggi dove andremo?

Sono andato a una riunione; l’oratore s’è alzato e ha detto:
“Se li facciamo entrare, ci fregano il pane quotidiano”;
parlava di te e me, mia cara, parlava di te e me.

Mi è parso di sentire il rombo del tuono nel cielo;
era Hitler sull’Europa che diceva: “Devono morire”;
oh, pensava a noi, mia cara, oh sì, pensava a noi.

Ho visto un cagnolino in una giacca chiusa da uno spillo,
ho visto una porta aperta e un gatto entrare:
ma non erano ebrei tedeschi, mia cara, non erano ebrei tedeschi.

Ho passeggiato per il porto e mi sono fermato sul molo,
ho visto i pesci nuotare come se fossero liberi:
a soli tre metri da me, mia cara, a soli tre metri.

Ho attraversato un bosco, ho visto gli uccelli sugli alberi;
non conoscevano politicanti e cantavano a piacere:
non erano gli uomini, mia cara, non erano gli uomini.

Ho sognato un palazzo di mille piani,
con mille finestre e mille porte;
non una era nostra, mia cara, non una era nostra.

Stavo su una grande pianura sotto la neve;
diecimila soldati marciavano avanti e indietro:
cercavano te e me, mia cara, cercavano te e me.

(traduzione di Nicola Gardini)

Refugee Blues

Say this city has ten million souls,
Some are living in mansions, some are living in holes:
Yet there’s no place for us, my dear, yet there’s no place for us.

Once we had a country and we thought it fair,
Look in the atlas and you’ll find it there:
We cannot go there now, my dear, we cannot go there now.

In the village churchyard there grows an old yew,
Every spring it blossoms anew;
Old passports can’t do that, my dear, old passports can’t do that.

The consul banged the table and said:
‘If you’ve got no passport, you’re officially dead’;
But we are still alive, my dear, but we are still alive.

Went to a committee; they offered me a chair;
Asked me politely to return next year:
But where shall we go today, my dear, but where shall we go today?

Came to a public meeting; the speaker got up and said:
‘If we let them in, they will steal our daily bread’;
He was talking of you and me, my dear, he was talking of you and me.

Thought I heard the thunder rumbling in the sky;
It was Hitler over Europe, saying: ‘They must die’;
We were in his mind, my dear, we were in his mind.

‎Saw a poodle in a jacket fastened with a pin,
Saw a door opened and a cat let in:
But they weren’t German Jews, my dear, but they weren’t German Jews.

Went down the harbour and stood upon the quay,
Saw the fish swimming as if they were free:
Only ten feet away, my dear, only ten feet away.

Walked through a wood, saw the birds in the trees;
They had no politicians and sang at their ease:
They weren’t the human race, my dear, they weren’t the human race.

‎Dreamed I saw a building with a thousand floors,
A thousand windows and a thousand doors;
Not one of them was ours, my dear, not one of them was ours.

‎Stood on a great plain in the falling snow;
Ten thousand soldiers marched to and fro:
Looking for you and me, my dear, looking for you and me.‎

Wystan Hugh Auden 

(da Another Time, 1940)

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