La Settimana mondiale della tiroide, che ha tenuto banco in questi giorni, aveva come tema conduttore quest’anno lo slogan “più informazione meno esami inutili”, a sottolineare l’importanza di affidarsi agli specialisti in endocrinologia, evitando le soluzioni fai-da-te. Le organizzazioni dei pazienti e la comunità scientifica chiedono che l’Oms riconosca le patologie tiroidee come “affezioni non trasmissibili” che rientrano nel più vasto capitolo delle cronicità. Questo porterebbe a maggiori finanziamenti per la ricerca, con benefici immediati per le persone in cura. Nondimeno è opportuno educare la collettività su come gestire al meglio queste patologie, attraverso una corretta alimentazione, attività fisica e controlli regolari.

 

Patrocinio

La Settimana mondiale della tiroide è patrocinata dall’Istituto Superiore di Sanità e promossa dalle principali società scientifiche del settore endocrino metabolico quali Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia (SIUEC), Associazione Italiana Medicina Nucleare (AIMN), European Thyroid Association (ETA), insieme a CAPE Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini e sostenuta con un contributo incondizionato da parte di Eisai, IBSA Farmaceutici e Merck Serono.

 

Testimonianze

Le malattie della tiroide, come l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo, sono spesso croniche e di origine autoimmune. Queste condizioni richiedono monitoraggio regolare, ma senza eccessi nei controlli o negli esami. Il Presidente della SIE, Gianluca Aimaretti, sottolinea che il dosaggio degli autoantianticorpi non dovrebbe essere ripetuto a ogni controllo, ma solo in momenti specifici del trattamento.

Fabio Monzani, Delegato SIGG, ricorda l’importanza del monitoraggio della funzione tiroidea negli anziani, specialmente se in terapia con ormone tiroideo o farmaci antitiroidei, nonostante la ripetizione frequente di esami non necessari possa essere costosa per il sistema sanitario nazionale.

Renato Cozzi, Presidente AME, enfatizza la necessità di un approccio empatico da parte degli endocrinologi verso i pazienti con patologie tiroidee croniche. È cruciale ascoltare attentamente i sintomi, esaminare fisicamente i pazienti e rassicurarli sulla natura dei loro sintomi quando legati a una patologia tiroidea trattabile.

La patologia nodulare tiroidea è comune negli adulti oltre i 50 anni, ma i noduli di piccole dimensioni hanno una bassa rilevanza clinica. Laura Fugazzola, Presidente dell’ETA, avverte che le ecografie tiroidee non dovrebbero essere eseguite su larga scala senza una motivazione clinica, poiché possono causare preoccupazioni inutili. I noduli più grandi, tuttavia, richiedono valutazioni per possibili effetti sulla funzione tiroidea e per determinarne la natura. Includere la patologia nodulare tiroidea tra le malattie croniche potrebbe ridurre i costi sanitari, evitando esami ripetitivi non necessari e potenzialmente esentando i pazienti dal pagamento del ticket per questa condizione cronica.

Antonella Olivieri dell’Istituto Superiore di Sanità sottolinea l’importanza della prevenzione, la carenza di iodio ad esempio influisce notevolmente sulla patologia nodulare tiroidea. Visti i miglioramenti che si sono avuti in Italia dal 2005 a oggi, è essenziale continuare a sensibilizzare la popolazione invitandola a un consumo moderato di sale iodato, iniziando dall’infanzia, per prevenire significativamente la formazione di gozzo e noduli tiroidei dovuti alla carenza dell’introito di iodio attraverso l’alimentazione.

Rossella Elisei sottolinea che i tumori della tiroide, in particolare la forma papillare, sono malattie croniche non trasmissibili che spesso guariscono o diventano croniche con una bassa probabilità di recidiva. I pazienti, dopo la tiroidectomia e la terapia con ormone tiroideo, necessitano di un monitoraggio a lungo termine. È possibile ridurre i fattori di rischio, come l’esposizione a radiazioni ionizzanti. L’agoaspirazione e l’esame citologico per identificare la malignità dei noduli sono riservati a quelli maggiori di un centimetro con caratteristiche ecografiche sospette, ricordando che solo il 5% dei noduli è maligno e raramente avanzato.

Marco Maccauro, delegato AIMN, evidenzia il ruolo della medicina nucleare nella gestione delle patologie tiroidee croniche, con procedure come la scintigrafia tiroidea e la terapia con iodio radioattivo (RAI). Queste richiedono una valutazione accurata del paziente, scelta appropriata della procedura, dosaggi precisi, monitoraggio attento e gestione responsabile dei rifiuti radioattivi, assicurando risultati efficaci e sicuri per i pazienti.

Giovanni Docimo, Presidente della SIUEC, enfatizza l’importanza di un approccio personalizzato nella valutazione chirurgica delle patologie tiroidee. Ogni paziente dovrebbe ricevere un percorso terapeutico su misura, determinato da un dialogo tra endocrinologo, chirurgo e paziente, basato su una valutazione approfondita dei rischi.

Malgorzata Wasniewska, presidente eletto della SIEDP, ricorda lo screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito. La diagnosi alla nascita è fondamentale per riconoscere quella che ancora oggi rappresenta la più frequente endocrinopatia dell’infanzia. Grazie allo screening, una volta individuati i neonati affetti, è possibile iniziare subito la terapia che risolverà il quadro clinico, e che andrà avanti così per tutta la vita.

Anna Maria Biancifiori, Presidente della CAPE, sottolinea l’impegno dell’associazione nel fornire informazioni corrette per aiutare i pazienti a gestire le patologie tiroidee croniche. Il riconoscimento di queste condizioni come malattie croniche non trasmissibili potrebbe offrire vantaggi clinici ed economici ai pazienti.

 

Raccomandazioni

Messaggio conclusivo della Settimana è che la lotta alle patologie della tiroide passa sia attraverso la profilassi, con un’adeguata assunzione di iodio alimentare, sia attraverso la prevenzione, controlli nei soggetti di età superiore ai 50 anni, o con familiarità accertata per le malattie tiroidee e, tra questi in particolare, le donne che programmano una gravidanza. Una raccomandazione infine si traduce nell’invito a monitorare la funzione tiroidea nei soggetti che assumono farmaci a elevato contenuto di iodio come, ad esempio l’amiodarone.