Tradimenti risarciti

Chi è stato tradito – e quindi abbandonato, umiliato, offeso – può capire quanto straziante e penosa sia l’elaborazione del lutto. E quanto, frase abusata ma che ben rende l’idea, nulla sia più come prima. A conferma di questa tesi consigliamo vivamente la lettura dell’ultimo romanzo di Domenico Starnone, ‘‘Lacci’’ (Einaudi). Lui si chiama Aldo, […]

Chi è stato tradito – e quindi abbandonato, umiliato, offeso – può capire quanto straziante e penosa sia l’elaborazione del lutto. E quanto, frase abusata ma che ben rende l’idea, nulla sia più come prima. A conferma di questa tesi consigliamo vivamente la lettura dell’ultimo romanzo di Domenico Starnone, ‘‘Lacci’’ (Einaudi).

Lui si chiama Aldo, è un intellettuale di sinistra, ha una moglie (Vanda) che lo adora e due figli. A 34 anni si innamora di Lidia, 19 anni, molla tutto e va a stare con lei. Niente di nuovo, direte. Cose che capitano. Cose che ti lasciano, però, senza fiato, incapace di darti una risposta. Anche perché – e qui Starnone mostra tutta la sua bravura (senza timore di esagerare possiamo dire che “Lacci” è sicuramente la sua prova più alta, anche più di quel “Gemito” Premio Strega nel 2001) – chi tradisce, oltre a essere sostanzialmente un vigliacco, è anche candidamente convinto di potersi esimere da spiegazioni. In tal senso è illuminante la prima parte del libro, quando Vanda, disperata, vorrebbe capire: «Riesci solo a balbettare: non so, è successo», gli scrive in una delle numerose lettere. Starnone raggiunge il punto più alto con queste parole di Vanda al marito fedifrago: «A leggere quello che scrivi, pare che io sia il carnefice e tu la vittima».

Dopo anni di lontananza e di spiegazioni mai date, Aldo torna a casa. Lei dimentica. Non perdona. Lui, invece, non smetterà di amare Lidia (continueranno a vedersi «innocentemente») e a tradire Vanda. Ma, si sa, i figli sono sempre un comodo alibi per tornare sui propri passi.

Detto questo, non immaginatevi un romanzo “triste”. È, invece, un romanzo duro con venature ironiche che ci fanno venire in mente l’antica definizione di Italo Svevo: «La vita non è né bella, né brutta, ma è originale!». E molto originale è il percorso a ritroso di Aldo, ormai anziano, con i suoi acciacchi, che torna dopo una vacanza e trova la casa sottosopra. Vanda – anch’ella invecchiata – si dispera, l’amato gatto è scomparso e infinite sono le ipotesi su chi possa aver fatto un tal macello. Ma, come sovente accade, è proprio dal caos che Aldo riesce, finalmente, a capire quella che è stata la sua vita e quanto dolore abbia inflitto ai figli e alla moglie.

Il finale non ve lo riveliamo. Anche perché è spassoso e malinconico insieme. Però, risarcisce i traditi di tutto il mondo. Tanto.