Sostiene Macaluso

EMANUELE Macaluso, lei è siciliano nonché storico dirigente del Pci. Che ci dice di Mattarella? «Che dovete smettere di descrivere come una ‘novità’ l’arrivo di un siciliano ai vertici della cosa pubblica». Perché? «Perché ne abbiamo avuti a bizzeffe. Da Girolamo Li Causi, comunista, a Giuseppe Alessi, democristiano. Dal ministro dell’Interno Mario Scelba a don […]

EMANUELE Macaluso, lei è siciliano nonché storico dirigente del Pci. Che ci dice di Mattarella?

«Che dovete smettere di descrivere come una ‘novità’ l’arrivo di un siciliano ai vertici della cosa pubblica».

Perché?

«Perché ne abbiamo avuti a bizzeffe. Da Girolamo Li Causi, comunista, a Giuseppe Alessi, democristiano. Dal ministro dell’Interno Mario Scelba a don Luigi Sturzo a Giorgio La Pira. Per non parlare di Napoleone Colajanni o di Francesco Crispi o di Antonio Starabba marchese di Rudinì…».

Insomma, Sicilia sempre in prima linea.

«Non sempre. Specie negli anni della cosiddetta Seconda Repubblica».

Ma è vero che Leonardo Sciascia e la famiglia Mattarella non sono mai andati d’accordo?

«Può darsi. Nulla di personale, credo. È che Leonardo pose sotto il fuoco del suo inchiostro tutta la Democrazia cristiana, a parte Alessi. Basta leggere Il contesto».

C’è chi ha ricordato le polemiche sul padre di Sergio Mattarella, Bernardo, che fu accusato di collusioni con Cosa Nostra salvo uscirne a testa alta…

«A parte, appunto, che le sentenze giudiziarie dicono il contrario, vorrei far notare che la questione è, sciascianamente, di contesto. Nel 1948, la Dc vince al Nord grazie al voto di tutta la borghesia, imprenditoriale e non. In Sicilia, invece, lo scudocrociato fece quel che avevano fatto gli Alleati: allearsi con agrari, mafia e Chiesa».

I poteri veramente forti.

«I poteri che ‘garantivano’. I poteri che potevano, come riconobbe anche Alessi, primo presidente dell’Assemblea regionale siciliana, combattere i comunisti staliniani. A ogni costo e con tutti i mezzi».

E Bernardo Mattarella?

«La Dc di allora evitava lo scontro con Cosa Nostra. Lui era un antifascista e scelse la corrente di Aldo Moro, la corrente minoritaria che dopo il ’68 ebbe appena il 7 per cento nello scacchiere del partito democristiano».

Poi, però tutto cambia.

«Per forza. La mafia stragista che comincia a dettare legge alla fine degli anni Settanta verrà combattuta dalla Dc siciliana con vigore. Lo stesso Andreotti sarà in prima linea».

Passiamo al nuovo presidente della Repubblica. Riservato e sobrio.

«Lo so, ora vanno di moda questi due aggettivi. Ma non significa che non sia uno che ama la battaglia, quella soda, quella vera. Sergio ha fatto politica in Sicilia e a livello nazionale. Non ha mai avuto paura».

Non è il nuovo che avanza, dicono alcuni.

«Sbagliato. È il sistema politico che, negli ultimi vent’anni, non ha espresso nessuna nuova cultura politica. E che quindi costringe a rivolgersi a un politico di valore della Prima Repubblica».