FEROCE: «Chi di scissione ferisce di elezione perisce. E anche questo Varoufakis ce lo siamo tolto» (copyright Matteo Renzi, ieri in Direzione). Sarcastico: «Fassinakis e Civatopoulos sotto il 2 per cento in Grecia. In Italia prenderebbero anche meno #kalimera» (cfr. Ernesto Carbone, ovviamente renziano). Cattivelli, certo. Eppure…

Alexis Tsipras fa il pragmatico, vince per la terza volta, annienta la ‘sinistra-sinistra’ e sorge l’amletico dubbio: e ora che faranno le truppe che, con gioia e ardore, volarono ad Atene con la Brigata Kalimera? Resteran fedeli alla linea o con il lanternino ricominceranno la faticosa ricerca di un altro campione che riempia loro i cuori? Anche perché la figuraccia memorabile di Unità popolare – creata da scissionisti duri e puri della sinistra di Syriza – non era così prevedibile per vari motivi. Due su tutti: terzo gruppo parlamentare e, soprattutto, capace di far passare il messaggio (falso) che con loro si fosse schierato l’atletico e bello (dicono) Yanis Varoufakis.

«Ma attenzione – avverte Pippo Civati, fuoruscito dal Pd, impegnato in una difficile raccolta di firme per i suoi referendum (legge elettorale, scuola, lavoro e ambiente) – chi mi chiama Civatopoulos dice una fesseria atomica. Io sono sempre stato con Tsipras e non con una Brigata. Casomai è Stefano Fassina che ha avuto elogi per Varoufakis. Un dato è certo: ’sti renziani vincono sempre. Ora tutti con l’Alexis ritrovato. Prima, invece, era un irrequieto ragazzotto. Diciamola tutta: fosse stato lui il leader, nessuno sarebbe uscito dal Pd. E poi chiamalo Partito democratico…». Scusi? «Ma via! Dovrebbe chiamarsi ‘Neo Pd’, come il centrodestra liberista di ‘Nea Demokratia’».

Però il dubbio che Syriza abbia cambiato idea serpeggia maligno nella sinistra italica. Ne è sicuro Marco Rizzo, segretario del neorifondato Partito comunista: «Certo che ha cambiato e imbrogliato le carte. Ha promesso una cosa, ne ha fatta un’altra. E il bello è che l’han pure votato le masse indottrinate dai media. Per fortuna c’è il Kke (partito comunista ellenico, ndr, 5,5% alle urne). La Brigata Kalimera? Socialdemocratici e trotzkisti che odiano il comunismo. Varoufakis? Anche lui è un socialdemocratico».

E se il leader di Sel Nichi Vendola esulta al pari del segretario di Rifondazione Paolo Ferrero (citiamo a braccio: «Una vittoria contro Merkel e austerità», originalissimi), chi sviluppa un ragionamento più complesso è il senatore Francesco Campanella, un iniziale amore per i Cinque Stelle poi sfociato in un burrascoso divorzio culminato nell’espulsione: «Ironizzate quanto vi pare con le Brigate Kalimera, ma lo volete capire che lo spazio c’è? Per mettere insieme, e sarebbe pure l’ora, una sinistra di governo. Alexis non ha cambiato politica. Non ha dato l’assalto al cielo e, perciò, è più pericoloso per gli euroburocrati».

Finalino con il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, fra i più ascoltati da Renzi: «Fassina e Civati dovevano restare. Fare la loro battaglia. E poi accettare quel che decide la maggioranza. Inutile parlare di Brigate Kalimera. Qui bisogna far ciccia per sfamare i cittadini di riforme. Non per fargli venire l’indigestione con le belle parole».