Serracchiani avverte

«SIAMO nel momento più delicato della legislatura. Quella del Senato, ‘listino’ o meno, è una riforma spartiacque. Portiamola a compimento e arriviamo al 2018…». Se no, Debora Serracchiani? «Avremo i voti. Altrimenti la situazione diventa assai complicata, decisamente». Durissima… «Macché, realista. Stiamo discutendo di dettagli. Importanti, ma dettagli. Nel merito abbiamo già votato due volte. […]

«SIAMO nel momento più delicato della legislatura. Quella del Senato, ‘listino’ o meno, è una riforma spartiacque. Portiamola a compimento e arriviamo al 2018…».

Se no, Debora Serracchiani?

«Avremo i voti. Altrimenti la situazione diventa assai complicata, decisamente».

Durissima

«Macché, realista. Stiamo discutendo di dettagli. Importanti, ma dettagli. Nel merito abbiamo già votato due volte. E poi vorrei ricordare che i 100 che vanno a Palazzo Madama sono eletti dal popolo! Se qualcuno vuole ritornare al bicameralismo perfetto non solo è antistorico, ma anche antipolitico. Spiegate questa manfrina agli italiani che non lavorano o che hanno appena cominciato grazie al Jobs Act!».

Una vostra riforma.

«Beh, rimproverateci tutto. Dite pure che Matteo Renzi non va bene. Che siamo mediocri. Però di sicuro non potete accusarci di non aver riformato il Paese. E, credetemi, siamo solo all’inizio».

Bella forza: non avete avversari…

«La vedo ottimista. Mi fa piacere. Eppure non sottovaluterei alcuni particolari, diciamo così».

Ci illumini.

«Se si vuole buttar giù Renzi, padronissimi di tentarlo. Poi però vi beccate Matteo Salvini e i suoi muscolosi amici di CasaPound e Beppe Grillo…».

Che fa, terrorismo?

«No, ripeto: pratico l’arte del realismo».

Come Renzi.

«Come Renzi».

Che magari ne fa un po’ troppe: il premier, il segretario del Pd…

«Non sono d’accordo nemmeno un po’. È invece una necessità che ricopra entrambi i ruoli. Dà prestigio all’Italia. Segue l’esempio di molti Paesi europei».

Però nel Partito siete pochini: lei, Guerini, Bonifazi…

«Messa così mi pare un po’ facile. Diciamo che si può rinfoltire la classe dirigente. Attenzione, però: c’è stato un ricambio importante e profondo. Il che non era affatto scontato. Tradizione voleva che spostare un dirigente fosse impresa di Sisifo».

Insomma, siete perfetti.

«Ma no, che perfetti… Dico che dobbiamo fare di più. Dico che il rapporto coi territori dev’essere sempre più stretto. Dico che non bastano manifesti e circoli. No, ci vuole un contatto continuo con la cosiddetta periferia. Un esempio? Michele Emiliano, governatore pugliese, quello sardo Francesco Pigliaru, in direzione hanno fatto interventi assai costruttivi».

Sud, non sudditi.

«Mi pare uno slogan buono. Purché seguito dai fatti. Nei Comuni lavoriamo molto intensamente. Lo sa perché?».

Curiosissimi di saperlo.

«Perché ora cambia tutto. Dal 2016 la contabilità sarà nuovissima. E poi perché le riforme istituzionali non sono mica cosa da poco. Si pensi alle Province, al Titolo V, alla spending review. Inoltre, governiamo il Paese, ma anche la quasi totalità delle realtà locali».

Si aspettava così tante resistenze?

(ride e sospira) «Che faticaccia. Tutti, a parole, a dire ‘riformiamo’. Magari partendo dal vicino di casa, però… Oltre che una questione politica c’è di mezzo anche una mentalità, una cultura da cambiare».

Vicini di casa: questo Pse non brilla.

«Per niente, lo ammetto. Ma è anni che è così. Se no non vincerebbero David Cameron nel Regno Unito e le destre in un paese civilissimo come la Danimarca…».

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