QUANDO è troppo è troppo. Narrano le cronache che a Palazzo Chigi si aggiri un Renzi ariostesco, furioso. La sua Lady Pesc, cioè l’Alto rappresentante per gli affari esteri, non è stata molto ‘italiana’. Anzi. Dichiarazioni troppo democristiane, dicono nello staff del premier nella rissa fra il premier e il vertice Ue. La prima: «Sono tante le cose che Italia ed Europa hanno fatto insieme in questo primo anno di Commissione Juncker». E la seconda (più grave): «È stupido creare divisioni in Europa. Gli europei hanno bisogno di essere uniti di fronte alle tante crisi che ci sono». Ingrata, a detta dei renziani di strettissima osservanza. Uno scherzo del destino, a detta di esponenti Pd un po’ meno renziani: Federica fu voluta da Matteo perché i conservatori erano riusciti a piazzare proprio Juncker alla presidenza della Commissione europea. E il premier voleva una contropartita targata Pse. Che ora, dicono nei corridoi dei palazzi, si mostra «ingrata. Non era nessuno e guarda come ricambia Matteo…».

E DIRE che, appena pochi mesi prima, la Mogherini non aveva dato prova di un particolare attaccamento alla maglia: «Renzi ha bisogno di studiare un bel po’ in politica estera, non arriva alla sufficienza, temo». Frase dimenticata al momento dell’investitura alla Farnesina al posto di Emma Bonino. Appena entrata lanciò un tweet memorabile: «At work». Così, per chiarire subito che le lingue straniere vanno padroneggiate senza se e senza ma.
POCO importa che lei – nata nel 1973, romana, studentessa in un liceo classico di seconda fascia (il Lucrezio Caro), militante della Fgci (la cellula più debole di tutta Roma, al primo posto c’era il Mamiani), laureata in scienze politiche con tesi sull’Islam politico – fosse stata veltroniana, franceschiniana, fassiniana, bersaniana. Poco importa che il suo viso mai o quasi si aprisse in un sorriso sotto le tanto amate giacche color salmone. Per Renzi era vitale avere lei in quel posto. E ora, invece…
Ma chi pensa che il rapporto tra i due, dopo la nomina (che, diciamo, costò la carriera a Massimo D’Alema) si fosse consolidato, si sbaglia. Renzi si è infuriato altre volte. In particolare a settembre quando i leader delle diplomazie tedesca e francese si ritrovarono a una cena parigina su invito di Laurent Fabius (ministro degli Esteri francese) e con la partecipazione di Lady Pesc.

RENZI si arrabbiò di brutto perché l’Italia, qualunque fosse la causa, era stata esclusa. E gli vennero in mente gli altri pensierini della Federica quand’era con Bersani: «Per essere l’uomo del futuro Renzi si ferma un po’ troppo sugli errori del passato (tutti del Pd, poi?!)». «@Renzi un po’ troppo sul passato per essere l’uomo del futuro». Insomma, la frattura c’è e si vede e rinfocola antiche – eufemismo – incomprensioni. Anche perché in molti cominciano a chiedersi: «Come mai abbiamo occupato una casella non decisiva, a scapito di quelle famose commissioni Ue dove si prendono le decisioni?».
Già, perché? E soprattutto: perché la Mogherini (che si addormenta tutte le notti cantando piano piano Bella ciao) si sfila così platealmente? «Scriva ‘spudoratamente’», sibila un renziano che mai e poi mai lascerebbe il carissimo leader.